India: i vescovi dell’Orissa lanciano un appello per la liberazione dei due italiani
rapiti dai maoisti
Le autorità dello Stato indiano dell’Orissa stanno intensificando i loro sforzi per
garantire la liberazione dei due italiani, Paolo Bosusco e Claudio Colangelo, rapiti
dai ribelli maoisti che li accusano di aver scattato foto indecorose alle donne di
un villaggio, mentre facevano il bagno in un fiume. Lo riferisce la stampa locale,
dopo che ieri sera è scaduto l'ultimatum posto dai sequestratori, guidati dal leader
Sabyasachi Panda. Nelle scorse ore il governo di Bhubaneswar si era detto disponibile,
“nell'ambito della legge”, al dialogo coi rapitori e - secondo i media - avrebbe chiesto
a New Delhi la sospensione delle attività militari anti-guerriglia. Ma i maoisti hanno
posto sul tavolo un pacchetto di 13 richieste - comunicate in queste ore al governo
locale - per giungere al rilascio di Bosusco e Colangelo, fra cui la liberazione di
tre leader del Partito comunista. L’agenzia AsiaNews riporta che i vescovi dell'Orissa,
attraverso mons. John Barwa, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneshwar e presidente della
Conferenza episcopale cattolica dell'Orissa, hanno chiesto il “rilascio immediato”
e “senza violenza” dei due italiani. Per un quadro delle azioni dei maoisti in India,
ascoltiamo Stefano Caldirola, docente di Storia contemporanea dell’Asia all’Università
degli studi di Bergamo, intervistato da Giada Aquilino:
R. - La guerriglia
maoista in India è attiva dalla fine degli anni Sessanta - inizio anni Settanta. I
maoisti in India vengono conosciuti anche con il nome di “Naxalite”, dal distretto
di Naxalbari, nel Bengala settentrionale, in cui alla fine degli anni Sessanta iniziò
una prima rivolta ideologicamente orientata al maoismo, una rivolta contadina. La
guerriglia poi ha proseguito nel corso degli anni, spostandosi in diverse aree del
Paese, soprattutto in quello che viene definito “corridoio rosso”, che parte dal Bihar
e arriva fino a sud, all’Andhra Pradesh, attraversando una zona dell’India centro-orientale
particolarmente povera e remota. Abbiamo assistito negli ultimi decenni ad una guerriglia
ininterrotta, anche se veniva considerata dallo Stato indiano - almeno fino ad alcuni
anni fa - una sorta di guerriglia a bassa intensità. Nell’ultimo decennio in particolare,
abbiamo visto una recrudescenza degli episodi da un lato di guerriglia contro le forze
di polizia e contro le forze governative e dall’altro un tentativo da parte dei governi
locali e di quello centrale di reprimere duramente questa rivolta.
D. - Per
quale motivo il leader dei maoisti dell’Orissa, Sabyasachi Panda, porta avanti la
lotta armata? Tra l’altro è contestato anche sul fronte interno...
R. - I gruppi
maoisti indiani sono sempre stati divisi all’interno in diverse correnti, in diversi
movimenti. Panda è considerato un leader moderato all’interno dello schieramento guerrigliero;
è contestato in alcuni casi perché considerato fautore di una linea troppo morbida.
Si tratta di una guerriglia, quella dell’Orissa, che reclama innanzi tutto una maggiore
dignità per le popolazioni rurali e le popolazioni tribali all’interno dello Stato.
Questa guerriglia ha avuto un notevole successo nel reclutare nuovi adepti proprio
tra le popolazioni tribali, in seguito ad una serie di acquisizioni di territorio
da parte delle compagnie minerarie - alcune delle quali straniere - che ha creato
un fortissimo malcontento nell’area. Occorre considerare che molti intellettuali indiani,
ad esempio pur non appoggiando in modo aperto i maoisti, si sono espressi con parole
molto dure nei confronti di quello che il governo sta facendo in particolare alle
popolazioni tribali dell’Orissa, del Chhattisgarh, del Jharkhand, in cui vi sono vasti
giacimenti minerari. E queste parole di intellettuali indiani - penso soprattutto
a Arundhati Roy - secondo alcuni hanno suonato come una sorta di giustificazione delle
attività della guerriglia maoista.
D. - Il leader guerrigliero Panda - come
lei ha anticipato - è visto come un moderato da alcuni: eppure recentemente è stato
accusato di stupri, torture, atrocità…
R. - Il termine moderato è utilizzato
come linea politica, non tanto come riferimento ad attività che sono pur sempre considerate
illegali dal governo. Per quanto riguarda le accuse, siamo in una situazione di guerra
che va avanti da diversi anni. È chiaro che in passato i guerrieri maoisti si sono
resi responsabili di violenze, anche nei confronti della popolazione civile. Pure
le forze governative hanno fatto altrettanto. Inoltre c’è una propaganda da entrambe
la parti che tende a ingigantire quelle che sono le cosiddette “atrocità” portate
avanti dallo schieramento opposto. Poi è anche vero che le truppe paramilitari della
regione si sono macchiate di reati simili. Purtroppo è una situazione di guerra con
pochi media indipendenti in grado di verificare, di controllare e, indubbiamente,
gli eccessi sono all’ordine del giorno da una parte e dall’altra.D. - I maoisti come
continuano a finanziarsi?
R. - Questo è uno dei grandi misteri, secondo alcuni
osservatori. Principalmente i maoisti si autofinanziano: innanzi tutto le armi che
utilizzano sono spesso frutto di attacchi e assalti a stazioni di polizia. Hanno una
notevole capacità di nascondersi all’interno delle foreste e sicuramente godono di
un certo appoggio da parte delle popolazioni locali. Vivono di “imposte rivoluzionarie”
fatte valere su alcuni villaggi, tramite le quali riescono a finanziare una guerriglia
che però non è una guerriglia particolarmente sofisticata dal punto di vista militare
e dal punto di vista degli armamenti, per cui non richiede neanche delle somme ingenti
per sostenersi.
D. - E lo strumento dei rapimenti?
R. - Lo strumento
dei rapimenti è nuovo per quanto riguarda gli stranieri. I rapimenti finora erano
stati organizzati in particolare per ufficiali di polizia indiani. Però per quanto
riguarda gli stranieri, questa è una novità assoluta nell’intera Asia meridionale
perché la guerriglia maoista non è attiva solo in India: era attiva fino ad alcuni
anni fa in Nepal, mentre oggi i maoisti fanno parte del nuovo corso nepalese. Però
anche in quei casi non vi erano mai stati rapimenti di turisti. Questa è un’escalation,
una novità. (bi)