Save the Children: aumentano in Italia i bambini a rischio povertà alimentare
In Italia la crisi economica sta incidendo molto anche sull’alimentazione delle famiglie
e in particolar modo dei minori. Per il 7% delle famiglie con figli è difficile organizzare
un pasto adeguato ogni due giorni, una su tre è costretta a risparmiare sulla spesa
alimentare, tre su cinque a modificare il menu quotidiano e oltre il 30% a comprare
prodotti di qualità più bassa. Si è dunque di fronte ad un incremento della povertà
alimentare, in un Paese in cui il 23% dei poveri sono minori. Save che Children lancia
un progetto su tre città pilota per sensibilizzare, informare e sostenere le famiglie
a rischio, anche quelle che fanno parte della cosiddetta povertà grigia, quelle cioè
che pur avendo un’abitazione o un lavoro avrebbero bisogno di un sostegno. Francesca
Sabatinelli ne ha parlato con Raffaela Milano, direttore dei programmi
Italia-Europa di Save the Children:
R. – Le famiglie
che vivono nella povertà grigia sono quelle che da una condizione di normalità e di
equilibrio precipitano, per via della perdita del lavoro o a causa di uno sfratto.
Tutto questo, purtroppo, ha sui bambini delle conseguenze drammatiche, da tutti i
punti di vista, per quanto riguarda la vita in famiglia, ma anche per quanto concerne
il rendimento scolastico e la povertà alimentare, ossia la cattiva alimentazione che
genera rischi sulla salute.
D. - Voi segnalate che il 7% delle famiglie con
minori non riesce a fare un pasto adeguato almeno ogni due giorni, è questa la povertà
alimentare?
R. – Dobbiamo considerare che se in alcune zone del mondo povertà
alimentare significa “denutrizione”, qui, nei Paesi sviluppati, vuol dire “cattiva
alimentazione”. Significa, ad esempio, avere, come abbiamo in Italia, un fortissimo
incremento di bambini in condizioni di sovrappeso e di obesità, proprio perché si
mangia male e non si consuma quello che si dovrebbe consumare. C’è, purtroppo, il
prevalere del cosiddetto “junk food”, il cibo-spazzatura: prodotti che hanno un costo
basso e sono di immediato consumo e, per un bambino, di immediato gradimento. Questi
prodotti a volte creano quasi una forma di dipendenza, e vanno a sostituire alimenti
più sani che, ovviamente, richiedono un’attenzione maggiore e magari un po’ più di
tempo per essere acquistati, lavorati e poi serviti a tavola. Sappiamo che questo
tipo di alimentazione fa maggiori danni proprio tra quei bambini che, per diversi
motivi, hanno meno accesso ad un cibo di qualità. L’educazione alimentare è lo strumento
più utile per consentire ai bambini e alle famiglie di individuare degli stili alimentari
che non sono troppo costosi, ma che, anzi, a volte costano anche meno, e che non sono
neanche troppo dispendiosi in termini di tempo in cucina. Una buona educazione alimentare
consente ad un bambino di avere un’alimentazione sana ed equilibrata. Questo è il
lavoro che si può fare, partendo proprio dai bambini più a rischio, che sono quelli
in condizioni socio-economiche più difficili.
D. - Save The Children, proprio
in aiuto a queste famiglie e ai loro bambini, lancia il progetto: “La Buona Tavola”.
Già il nome ci fa capire che è un progetto di educazione al mangiare…
R. -
Sì. E’ un progetto che prevede diversi interventi. Il primo riguarda tutti, serve
ad educare a mangiar bene, a capire cosa è utile per un bambino e cosa, invece, è
dannoso. Avremo, quindi, uno sportello mobile che girerà nei quartieri di tre grandi
città - Torino, Roma e Napoli - con operatori, pediatri, assistenti sociali, per consentire
alle mamme di ottenere consigli utili per il proprio bambino, colloqui con esperti
e così via. Allo stesso tempo, però, questo sportello ha il compito di andare ad intercettare
anche quelle situazioni di maggior rischio. Nell’area della cosiddetta povertà grigia,
ad esempio, ci sono famiglie che per pudore, vergogna o paura non chiedono aiuto ai
servizi sociali. Noi vogliamo riuscire ad entrare in contatto anche con i bambini
che vivono veramente le situazioni di maggior rischio, per seguirli continuativamente.
Tra maggio e giugno, realizzeremo anche tre centri pilota di sostegno alle mamme in
tre quartieri di queste stesse tre città, perché sappiamo quanto sia fondamentale
il ruolo della mamma nel garantire e nel tutelare la crescita sana di un bambino.
Questi centri-pilota vogliono fare in modo di far avere alle mamme opportunità di
formazione, di far loro ottenere borse-lavoro anche per poter magari rientrare nel
mercato lavorativo, di farle accedere a gruppi di acquisto solidale o al microcredito,
allo stesso tempo vogliono permettere a queste donne di uscire dalla solitudine. In
molti casi, la povertà famigliare diventa poi anche interruzione delle relazioni sociali.
Per noi, perciò, è fondamentale avere questi tre centri-pilota dove proveremo ad accompagnare
le mamme nella fuoriuscita dalle condizioni della povertà. (vv)