Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
Nella quarta Domenica di Quaresima, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù,
a colloquio con Nicodemo, afferma che Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannarlo,
ma per salvarlo. Ed è Lui la luce venuta nel mondo:
“Chiunque fa il male,
odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece
chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono
state fatte in Dio”.
Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento
del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia
Università Gregoriana:
Amore e luce
sono i due temi guida di queste frasi che fanno parte del dialogo notturno fra Gesù
e Nicodemo. L’amore è quello di Dio Padre, abisso di misericordia che vuole salvare
e non condannare. Una grazia a caro prezzo per Dio, e noi ne siamo i beneficiari attraverso
il Figlio donato, innalzato, come nel deserto fu innalzato da Mosè il serpente per
la guarigione del popolo infedele. E poi la luce, simbolo molto presente nel Vangelo
di Giovanni: il contrasto fra tenebre e luce già presente nel Prologo, ritorna qui
per indicare la disponibilità alla rettitudine o l’esistenza opaca e senza speranza
che porta al fallimento. “Chiunque fa il male, odia la luce”, afferma perentorio Gesù.
Sarà forse per cattiveria, o forse ancor più per fragilità di carattere e per il fascino
perverso del male. Non sappiamo se Nicodemo sia rimasto convinto dal discorso di Gesù.
Ma la incertezza sull’efficacia di quel dialogo notturno finisce per ricadere su di
noi: come domanda e come provocazione. Ci sentiamo davvero amati in modo così radicale
e totale da Dio? Viviamo nella coerenza della luce e della verità oppure preferiamo
gli equivoci della incoerenza comoda e capricciosa? Esaminiamoci.