Irlanda: i vescovi chiedono un Ministero per gli emigranti
Sostenere i nuovi irlandesi costretti ad emigrare e mantenere un contatto tra loro
e la madre patria. A tale scopo i vescovi irlandesi hanno chiesto al governo di Dublino
l’istituzione di un Ministero per gli emigrati e di prevedere incontri con gli emigrati
e le cappellanie all’estero in occasione della festa nazionale di S.Patrizio, che
si celebra il 17 marzo. La richiesta, formulata ieri da mons. John Kirby, direttore
del Consiglio episcopale irlandese per gli emigrati, è fondata sulla constatazione
che negli ultimi anni, a causa della crisi economica e della povertà, è aumentato
il numero di irlandesi che decide di cercare lavoro all’estero. “Non è esagerato dire
che il flagello dell’immigrazione colpisce ogni famiglia irlandese – spiega all'agenzia
Sir mons. Kirby -. Perciò serve una risposta politica tangibile”. Iniziative di questo
tipo, ha precisato, “avrebbero un duplice beneficio: in Irlanda, ci ricorderemmo della
situazione dei nostri emigrati. E loro sapranno di avere il nostro sostegno”. Secondo
l‘Ufficio centrale irlandese di statistica nei primi quattro mesi del 2011 sono emigrati
oltre 40.200 irlandesi, un aumento del 45% rispetto all’anno precedente. Intanto il
Consiglio episcopale irlandese per gli emigrati ha lanciato oggi un pacchetto informativo
- “Emigrants information pack” - che contiene materiali informativi per “permettere
a chi emigra di prendere decisioni informate e sostenerli nella loro nuova vita all‘estero”.
Il pacchetto comprende, tra l’altro, una serie di storie ed esperienze degli emigrati
irlandesi; informazioni pratiche su visti, alloggi, lavoro e assicurazione sanitaria.
Mons. Kirby racconta di aver “sperimentato diverse ondate migratorie”, e anche oggi
le persone che incontra sperimentano “lo stesso dolore e senso di perdita che ho visto
nelle generazioni precedenti: il tempo può cambiare le circostanze e i motivi per
emigrare ma non diminuisce il dolore e il trauma di una persona costretta a lasciare
i suoi affetti a casa per cercare una vita migliore altrove”. La tragedia delle migrazioni,
sottolinea, “è che separa le persone da una delle più grandi risorse della vita”,
ovverossia la famiglia. (M.G.)