Cassazione e unioni gay: verso un nichilismo giuridico? Intervista al filosofo
Possenti
Continua a far discutere, in Italia, la controversa sentenza della Corte Cassazione
secondo cui le coppie omosessuali hanno il “diritto alla vita familiare” e a “vivere
liberamente una condizione di coppia”. Un pronunciamento che pone ancora una volta
in primo piano il contrasto tra diritto e volontà individuale sciolta da ogni obbligo.
Un tema sul quale Alessandro Gisotti ha chiesto una riflessione al filosofo
Vittorio Possenti, di cui è in pubblicazione il volume “Nichilismo giuridico”,
edito dalla Rubbettino:
R. – Noi assistiamo
da alcune decine di anni in Occidente ad una visione dei diritti umani che sta cambiando
in maniera molto forte. Se noi stiamo accanto ad una visione dignitaria, i diritti
umani sono centrati sulla persona e non possiamo decidere qualsiasi cosa. E invece
passiamo, come accade in numerosi problemi, come in quello dei diritti cosiddetti
sessuali, andiamo verso una visione libertaria dei diritti umani e prendono grande
rilievo esclusivamente i diritti di libertà. Quindi, intanto andrebbe fatta questa
semplice considerazione: che non tutti i diritti umani sono riducibili a diritti di
libertà.
D. – Cosa rispondere a chi invoca un principio di non-discriminazione
nei confronti delle coppie omosessuali?
R. – Noi non possiamo trattare cose
diverse in maniera uguale. Quindi, c’è un richiamo al principio di non-discriminazione
e di uguaglianza che va considerato molto attentamente. Un matrimonio naturale, di
cui parla l’articolo 29 della nostra Costituzione, non può essere assimilato ad un
cosiddetto matrimonio omosessuale, perché manca in maniera intrinseca l’orientamento
alla fecondazione e alla procreazione, che rimane un fine fondamentale della società
naturale chiamata famiglia e fondata sul matrimonio.
D. – La libertà individuale,
dunque, si spinge sempre più in avanti e quindi non c’è più una soglia?
R.
– Dunque, la soglia tende a scomparire perché si ritiene che alcune pretese fondamentali
delle persone debbano essere pareggiate a diritto. Quindi è il problema stesso dei
diritti umani che va ripreso un po’ alla radice, sia non dimenticando la questione
dei “doveri” che accompagna quella dei “diritti”, e non dimenticando appunto che non
tutto può essere un diritto umano. Un diritto umano è qualcosa che spetta alla persona
come tale, ma non ogni pretesa della volontà o del desiderio può essere classificata
sotto “diritto umano”. Si tratta comunque sempre di trovare qual è il bene che si
intende tutelare. Se noi tuteliamo la famiglia, se tuteliamo il matrimonio fondato
– appunto – sull’unione eterosessuale, sappiamo quali sono i beni che vogliamo tutelare.
Nel caso di una unione omosessuale, non risulta immediatamente chiaro quale sia il
bene che si vuole tutelare. (gf)