Afghanistan. Pangea: forti restrizioni per le donne, si torna all'era dei talebani
Il presidente afghano Karzai che impone nuove condizioni alla missione internazionale
in Afghanistan, l’Isaf, per un ritiro da tutti i villaggi del Paese, e agli Usa, anticipando
un pieno controllo della sicurezza già per il 2013, un anno prima del previsto. I
talebani che annunciano uno stop, sia pure non irreversibile, al dialogo intrapreso
a gennaio con gli Stati Unti, in Qatar. La situazione in Afghanistan torna così in
primo piano, dopo il massacro di 17 civili compiuto da un sergente americano rimpatriato
e sottratto alla giustizia locale: stamani Karzai ha nuovamente criticato Washington
per una mancanza di collaborazione nelle indagini. Pochi giorni fa, poi, la decisione
del Consiglio degli Ulema di emanare un 'codice di comportamento' riservato alle donne
del Paese, con "forti restrizioni alla loro libertà", sottolinea Fondazione Pangea
Onlus. Per un commento, ascoltiamo Simona Lanzoni, direttrice progetti dell'organizzazione
che opera in Afghanistan da quasi 10 anni nel campo del microcredito femminile. L’intervista
è di Giada Aquilino:
R. – Questo
nuovo dettato, che il Consiglio degli Ulema ha emanato, è estremamente conservatore,
perché comunque riporta al periodo dei talebani: alle donne che non devono uscire
se non accompagnate da un uomo - che può essere anche un bambino piccolo, ma deve
comunque essere di sesso maschile - o al fatto che le donne possono subire violenza
in casa a certe condizioni; insomma, sono regole intollerabili, soprattutto per il
fatto che si scontrano con il principio di parità sancito dalla Costituzione. Sappiamo
benissimo che quell’articolo della Costituzione sarebbe stato probabilmente irrealizzabile
a breve tempo, però metterci sopra un diktat come quello emanato dagli Ulema - di
tipo morale e religioso, estremamente conservatore e pesante - ci riporta, come un
elastico, indietro di 10 anni: come se tutto quello che è stato fatto finora dalle
donne, ma anche dagli uomini - attivisti della società civile - venisse cancellato
nel giro di pochissimo.
D. – Perché è arrivata ora questa decisione? Si tenta
forse di accontentare i talebani?
R. – Sicuramente sì. Sicuramente questo fa
parte di una strategia di ricucitura con una parte della società che è appunto rappresentata
dai talebani - cosiddetti moderati, che però comunque restano conservatori - per il
fatto che ci sono delle trattative di cui noi non siamo a conoscenza. Pensiamo anche
che nelle ultime ore Karzai ha detto che l’esercito degli Stati Uniti deve essere
ritirato, ha fatto delle dichiarazioni che sicuramente sono importanti per tutta la
popolazione afghana rispetto ai loro diritti, ma sono anche dichiarazioni collegate
a un dialogo instaurato con i talebani.
D. – I talebani, tra l’altro, hanno
annunciato uno stop al dialogo intrapreso a gennaio con gli Stati Uniti. Questa del
dialogo con i talebani è sempre stata una carta giocata dalla diplomazia negli ultimi
anni: ora cosa succede?
R. – Staremo a vedere, anche perché dobbiamo ricordarci
che nel mese di maggio, a Chicago, ci sarà una conferenza Nato sull’Afghanistan, per
capire che tipo di strategia utilizzare dal punto di vista militare, a proposito di
Isaf e di esercito degli Stati Uniti. E’ importante comunque ricordare che c’è una
società civile afghana che continua a lavorare e che avrebbe davvero bisogno di finanziamenti
civili.
D. – Fondazione Pangea lavora in Afghanistan dal 2003: qual è la situazione
oggi sul terreno?
R. – Continuiamo a lavorare perché ce n’è un estremo bisogno:
si continuano a richiedere piccoli prestiti, microcrediti, si continua a fare alfabetizzazione.
A brevissimo apriremo un asilo per bambini, all’interno di un centro donne, alla periferia
di Kabul, proprio perché la vita quotidiana continua e qualcuno deve comunque sostenere
queste persone. Fondazione Pangea è accanto a loro. (cp)