Il nunzio a Cuba: il Papa riconcilierà i cubani. Dissidenti occupano chiesa all'Avana
A undici giorni dalla visita apostolica di Benedetto XVI a Cuba, un gesto dimostrativo
da parte di un gruppo di dissidenti sta turbando gli ultimi preparativi della Chiesa
dell’Avana. Da due giorni, tredici persone sono barricate nella chiesa di Nostra Signora
della Carità e rifiutano di lasciarla. L’arcivescovado ha commentato il gesto come
“un atto illegittimo e irresponsabile”. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Non si è trattato
di un evento “casuale”, ma di una “strategia coordinata” e sviluppata in varie regioni.
È questa la conclusione cui sono giunti i vertici della Chiesa di Cuba e le autorità
civili dell’Isola dopo aver valutato quanto accaduto negli ultimi giorni con una serie
di tentativi di occupazione di chiese da parte di gruppi di dissidenti. In effetti,
in nessun caso è accaduto quanto invece è tuttora in corso nella Basilica di Nostra
Signora della Carità dell’Avana. Il gruppo si era presentato martedì scorso per consegnare
al rettore del Santuario un messaggio per Benedetto XVI, con una serie di rivendicazioni
sociali, ma si era poi rifiutato di uscire, di fatto barricandosi all’interno. Qualsiasi
promessa di non intervento da parte delle forze dell’ordine – come pure l’offerta
di poter essere riaccompagnati a casa con auto della chiesa – non ha fatto finora
desistere i 13 occupanti, uomini e donne, che dal 13 marzo si sono rinchiusi nel Santuario
mariano. È un’azione architettata “con l’apparente scopo di creare situazioni critiche
mentre si avvicina la visita di Benedetto XVI a Cuba”, rileva una nota dell’arcivescovado
cubano, che riferisce di altri tentativi analoghi, terminati però senza alcuna occupazione
di suolo sacro, e di altre iniziative mai nemmeno avviate perché bollate da altri
gruppi di dissidenti come un atto “irrispettoso verso la Chiesa.” “Qualsiasi azione
che miri a convertire il tempio in un luogo di pubblica manifestazione politica, ignorando
l'autorità del sacerdote, o il diritto della maggioranza che vi si reca in cerca di
pace spirituale e spazio per la preghiera, è certamente una atto illegittimo e irresponsabile”,
scrive in una nota ufficiale mons. Orlando Marquez Hidalgo, portavoce della curia.
“La Chiesa ascolta e accoglie tutti, e intercede per tutti, ma non può accettare i
tentativi di falsare la natura della sua missione o che potrebbero minacciare la libertà
religiosa di coloro che visitano le nostre chiese”. Nessuno, conclude il comunicato,
“ha il diritto di trasformare le chiese in trincee politiche. Nessuno ha il diritto
di distruggere lo spirito celebrativo dei fedeli cubani e di molti altri cittadini
che attendono con gioia e speranza la visita di Papa Benedetto XVI a Cuba”.
Mentre,
dunque, la Chiesa cubana affronta la questione dei dissidenti, si mettono a punto
gli ultimi preparativi per la visita del Papa, atteso a Santiago di Cuba per il primo
pomeriggio, ora locale, del 26 marzo. Luca Collodi ha chiesto al nunzio apostolico
nel Paese, l’arcivescovo Bruno Musarò, come stia procedendo l’organizzazione
della visita:
R. – Procede
a gonfie vele. Grazie a Dio, e in poco tempo, dall’annuncio del 10 novembre. Il tempo
è stato breve, ma forse anche questa brevità di tempo ha spinto le due Commissioni,
della Chiesa e del governo, a lavorare assiduamente, con celerità, nei preparativi.
E devo dire che veramente si è lavorato molto bene. Adesso si stanno ultimando i dettagli.
D. – Il Papa visita Cuba al termine del pellegrinaggio della statua della
Madonna della Carità del Cobre, che ha attraversato tutta l’isola nelle settimane
passate. Si può parlare di una “primavera della fede”?
R. – Infatti, è proprio
questa la sensazione che si è avuta durante tutto questo pellegrinaggio dell’immagine
mariana, da parte dei vescovi, da parte dei sacerdoti. Si è vista praticamente la
fede della gente semplice, la devozione alla Madonna, che magari era stata quasi coperta
dalla polvere in tutti gli anni passati, perché l’ultimo pellegrinaggio della Madonna
della Carità del Cobre, che è la patrona di Cuba non si faceva da 50 anni. Si pensi
che la generazione attuale, praticamente, non ricordava niente, anche se ne avevano
sentito parlare dai propri genitori o dai nonni. Allora, il passaggio della Madonna
– che, bisogna dirlo, ha visitato tutti, tutti i paesi e paesini di tutte le undici
diocesi di Cuba – ha suscitato un entusiasmo e un fervore che forse neppure ci si
aspettava da parte dei vescovi.
D. – Fu Giovanni Paolo II a compiere nell’isola
un pellegrinaggio che ancora oggi viene definito “storico”. Cosa è cambiato da allora
nella spiritualità dei cubani?
R. – Bisogna dire che il pellegrinaggio di Giovanni
Paolo II fu un evento storico, epocale possiamo dire, per l’isola di Cuba. Forse bisognerebbe
dire che c’è stato un “prima” ed un “dopo” la visita del Beato Giovanni Paolo II.
Sappiamo che in quell’occasione il governo ha reso festivo il 25 dicembre, per la
festa del Natale da parte dei cristiani. Però, quello che ho potuto constatare è,
come mi dicono i vescovi e i sacerdoti, che la visita di Giovanni Paolo II ha fatto
sì che la gente, a poco a poco, è ritornata alla Chiesa, nel senso anche materiale
del termine. Mentre prima la gente aveva paura di accedere nelle Chiese, adesso non
ha più paura e a poco a poco le Chiese sono ritornate ad essere il luogo dell’incontro
della comunità cristiana. Per cui si può dire che è cambiato non qualcosa, ma molto
nella spiritualità dei cubani, nel senso che i cubani, un popolo cattolico come tutti
i popoli dell’America Latina, ha riscoperto la sua spiritualità, ha riscoperto il
fatto di essere cristiani, membri della Chiesa, devoti della Madonna. E a poco a poco
si stanno rianimando le comunità cristiane in tutte le diocesi di Cuba.
D.
– Cosa si aspetta la gente dalla presenza del Papa?
R. – C’è stato, in questi
ultimi anni, con il nuovo presidente della Repubblica, qui a Cuba, un’apertura soprattutto
in campo economico e questo ha suscitato e continua a suscitare molta speranza nei
cubani. È una speranza nel senso che queste aperture continuino e si possa arrivare
ad un tenore di vita più sereno, un tenore di vita che possa dare fiducia alla gente
per impegnarsi con il lavoro per il bene comune della società. E allora questa gente
si aspetta che la presenza di Benedetto XVI a Cuba, sulla scia della visita apostolica
di Giovanni Paolo II, aiuti la società cubana ad aprirsi ancora di più. E qui nessuno
dimentica, ed il governo stesso è contento di quanto disse Giovanni Paolo II, quello
slogan che lanciò nel ’98: “Che Cuba si apra al mondo e il mondo si apra a Cuba”.
È questo, penso, il segreto desiderio che sgorga dal profondo del cuore di tutti i
cubani. Ma soprattutto ci si aspetta dalla visita di Benedetto XVI, un processo di
riconciliazione tra tutti i cubani. Ed è questo il punto su cui hanno insistito i
vescovi durante il pellegrinaggio della Madonna, ed è questo il punto su cui stanno
insistendo, preparando la visita di Benedetto XV I.
D. – Mons. Musaró, nell’attuale
società cubana, che rapporto c’è tra credenti ed atei?
R. – Questo è un aspetto
molto difficile da rilevare, perché sappiamo che dopo il trionfo della rivoluzione
di Fidel Castro, nel 1959, dopo qualche anno Cuba fu definito un “Paese ateo”. Però,
questo aspetto dell’ateismo fu tolto dalla Costituzione poco prima della visita di
Giovanni Paolo II. Praticamente, non aveva nessun significato. Come si può parlare
di un Paese ateo qui in America Latina? Più che altro, invece, bisogna rilevare che
oltre ai cattolici, ci sono cristiani di altre confessioni e, purtroppo, anche invasioni
di sètte protestanti, di sètte religiose, che è un fenomeno, tra l’altro, che sta
caratterizzando tutta l’America Latina. Dunque non si può parlare di un rapporto tra
cattolici ed atei; i vescovi, anzi, su questo punto dicono che il popolo di Dio, quelli
che sono rimasti fedeli alla Chiesa, che cominciano a frequentare la Chiesa, non si
distinguono in nulla dai cubani che, per circostanze storiche, si erano allontanati
dalla Chiesa. E dunque questo è un fenomeno anche quasi di integrazione tra di loro
che è sotto gli occhi di tutti. Cioè, questo ateismo era stata una cosa molto superficiale,
secondo il mio parere.
D. – La tradizione religiosa popolare cubana è caratterizzata
dalla presenza della “santeria”. La Chiesa è preoccupata da questa forma di religiosità
popolare?
R. – La Chiesa è preoccupata di questa presenza perché è abbastanza
diffusa, però sappiamo che questo fenomeno della “santeria” non è di adesso, ma viene
già dai tempi della conquista, quando gli schiavi neri, che poi sono stati presenti
nell’isola, vennero a contatto con la realtà cristiana e dunque hanno identificato,
diciamo, i loro “dei” con il Signore, la Madonna, i Santi che i missionari, gli evangelizzatori
presentavano nell’opera di evangelizzazione. Dunque, una specie di “sincretismo” che
tuttora continua. Il fenomeno interessante di adesso – e questo è un fenomeno che
bisogna studiare da parte nostra, della Chiesa, da parte dei vescov, bisognerà, un
giorno, affrontarlo certamente in seno alla Conferenza episcopale – è che per poter
entrare in questa, diciamo, sètta della “santeria”, si richiede il Battesimo nella
Chiesa cattolica. È un aspetto che suscita molta preoccupazione e che certamente,
un giorno o l’altro, si dovrà affrontare.
D. – Le sètte trovano terreno fertile
nella povertà cubana?
R. – Sì, come in tutti i Paesi. Io ho avuto altre esperienze
in America Latina, come per esempio in Guatemala ed anche in Perù, e sappiamo che
queste sètte trovano il terreno fertile proprio negli ambienti più poveri. Perché?
Perché loro, nel presentarsi, rispondono immediatamente – perché magari hanno dei
fondi, dei soldi – ai bisogni più urgenti della gente. Ma poi, a poco a poco, vengono
meno in questa loro offerta ed allora si verifica il fenomeno della delusione da parte
di questa gente e, bisogna dire grazie a Dio, anche il ritorno di alcuni alla Chiesa
cattolica dopo aver fatto questa esperienza negativa nella sètte. Però è un fenomeno
preoccupante.
D. – Mons. Musaró, come guarda la Chiesa cubana alla nuova evangelizzazione
dell’isola?
R. – La cosa molto, molto interessante è che questo pellegrinaggio
della Madonna della Carità del Cobre in tutta l’isola è stato visto proprio come un
fenomeno della nuova evangelizzazione. I vescovi, con alla guida il cardinale arcivescovo
dell’Avana, stanno preparando un documento per raccogliere tutte le manifestazioni
di questa fede, di questa devozione alla Madonna, come riscoperta della fede e proprio
con il nuovo fervore della nuova evangelizzazione a cui ci sta esortando il Papa Benedetto
XVI. Per cui i vescovi sono veramente entusiasti di quello che si è realizzato, di
quello che si è verificato nella gente delle loro comunità diocesane con il passaggio
della statua della Madonna. E certamente i vescovi hanno anche intenzione di presentare
questo studio proprio al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione
e alla stessa Congregazione per i Vescovi, che si è mostrata veramente molto, molto
interessata a questo fenomeno cubano della nuova evangelizzazione attraverso la presenza
della Madonna. E come sappiamo, in America Latina già con Giovanni Paolo II la Madonna
è stata proclamata “Stella dell’Evangelizzazione”. È lei che annuncia per prima Gesù
Cristo, tanto è vero che lo slogan del pellegrinaggio della Madonna era “A Gesù attraverso
Maria. La carità ci unisce”. Questa è veramente la nuova evangelizzazione, soprattutto
nel contesto storico – sociale di Cuba.