Il cardinale Ravasi: in Dante mirabile intreccio di cultura e teologia
Il Pontificio Consiglio della Cultura ha annunciato la costituzione di un "Comitato
scientifico-organizzativo" per la realizzazione di eventi ed iniziative in vista delle
celebrazioni del VII Centenario della morte di Dante Alighieri, che ricorrerà nel
2021. Il Comitato esprime la volontà della Santa Sede di celebrare degnamente, come
già in passato, il Sommo Poeta, ed è presieduto dal cardinale Gianfranco Ravasi,
presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, nonché neopresidente della "Casa
di Dante" in Roma. Previste iniziative di ricerca, anche in campo teologico, e l’individuazione
di nuovi metodi di insegnamento per far appassionare i giovani alla figura di Dante.
Sulle motivazioni di fondo della costituzione del Comitato, Fabio Colagrande
ha intervistato il cardinale Ravasi:
R. - C’è un
dato di fatto iniziale abbastanza curioso. Io sono contemporaneamente presidente di
un’istituzione dedicata a Dante, propria della comunità civile italiana, cioè la "Casa
di Dante", e dall’altra parte sono presidente, per ragioni anche d’ufficio, di questa
Commissione dantesca istituita dalla Santa Sede, dal Pontificio Consiglio della Cultura,
per queste celebrazioni. E questo è significativo perché Dante è “nostro” nel senso
che è proprio del mondo ecclesiale: pensiamo alla sua grande figura teologica, ma
anche alla sua passione ecclesiale, anche critica, pensiamo alla sua testimonianza
di credente adamantino. Ma, dall’altra parte, è anche certamente il grande padre della
cultura non solo italiana. È una delle grandi figure universali della cultura e della
poesia in particolare. Credo che per questo motivo sia significativo che questo avvio
sia condotto in parallelo e io cercherò sempre di dialogare con tutte le istituzioni
dello Stato italiano o di altre nazionalità proprio perché Dante costituisce forse
il nodo d’oro che tiene insieme le diversità culturali, che tiene insieme le diverse
ricerche. Abbiamo davanti ormai 8-9 anni di tempo per poter camminare fare un vero
e proprio itinerario e arrivare a quella data del 2021, nella quale forse potremmo
ripetere quello che è stato fatto nel 1921, quando in quell’occasione Benedetto XV
scrisse e mise, notiamo bene, un’Enciclica su Dante Alighieri. Noi speriamo che la
Chiesa in quel momento, dopo aver fatto tante celebrazioni, possa anche presentare
Dante al mondo intero come un soggetto, un tema che è non soltanto culturale ma anche
strettamente teologico.
D. - A prima vista, si stratta di un personaggio fin
troppo conosciuto, fa parte della nostra formazione scolastica. C’è la necessità di
dare un nuovo volto a questo autore...
R. - Io penso che il nuovo volto potrebbe
essere lungo due lineamenti. Il primo è quello di cercare in tutti i modi di curare
l’elemento didattico, quasi didascalico. Purtroppo Dante, spesse volte, nella scuola
viene presentato non in maniera affascinante, come merita, come è lui oggettivamente.
Per questo, sarà opportuno impegnarci molto per la formazione dei docenti, ma soprattutto
stimolare l’attenzione dei ragazzi nelle scuole e anche del grosso pubblico. L’emblema
Benigni ne è la testimonianza. E' possibile che milioni e milioni di persone si fermino
a una lettura di Dante, tutto sommato, neppure tanto esplicativa, direi quasi narrativa:
proporre la parola in sé di Dante. Il secondo lineamento è quello di riportare ancora
l’arte a confrontarsi con la Divina Commedia, l’arte in tutte le sue forme. Posso
annunciare, per esempio, che si sta pensando, attraverso un mio amico molto celebre,
Riccardo Muti, di coinvolgere anche Arvo Pärt facendogli preparare un testo musicale
su una pagina dantesca. Ma penso anche alla pittura, alla scultura, alla fotografia
stessa che sappia evocare le grandi emozioni di quel poema. (bf)