Parkur, acrobazie sul muro: lo sport dei ragazzi di Gaza
Si chiama Parkur o Free Running, la disciplina sportiva acrobatica che vuole superare
ostacoli insormontabili, con le abilità del corpo e la concentrazione mentale. Nata
in contesti di periferie urbane, sembra tagliata su misura per quei luoghi pieni di
muri, tunnel, barriere e occupazioni militari. Da Gaza, a parlare di questo sport
dal valore simbolico e delle dure condizioni di vita di un milione e mezzo di persone
- il 70% giovani - arrivano Ibrahim, Abedalla, Mohammed e Jehad, quattro ragazzi un
po’ funamboli un po’ sognatori. Due di loro li ha incontrati Luca Attanasio:
D.
- Mohammed, il parkur è una disciplina che sembra pensata proprio per Gaza
...
R. – (parole in arabo) Per Gaza, questo sport è un vero e proprio stile
di vita. In una situazione come questa - dove tra oppressione, assedi, occupazioni
e bombardamenti si vive una vita difficile e pericolosa - questo sport è da considerarsi
come una vera filosofia di vita. Ma c’è anche l’aspetto pratico nella vita quotidiana
dove ci si imbatte in ostacoli, non solo lungo le strade ma ovunque ... Il nostro
sogno era quello di superare questi ostacoli imposti dagli israeliani, che ci impediscono
tutt’ora di uscire da Gaza. Con questo sport siamo riusciti ad uscire e a portare
un messaggio di speranza.
D. – Jehad, il parkur è un messaggio di pace?
R.
– (parole in arabo) Sì. Il parkur per noi è un messaggio di pace. Non vogliamo
essere nemici di nessuno, semplicemente vogliamo essere noi stessi e vivere i nostri
diritti.
D. – Parliamo di Gaza. Quali sono i problemi principali che voi e
le vostre famiglie vivete ogni giorno?
R. – (parole in arabo) I nostri diritti
sono annullati in tutti i sensi. Noi non abbiamo il diritto di muoverci liberamente
e spostarci da un posto all’altro; ci è negata anche la possibilità di relazionarci
alle persone lontane da Gaza. L’elettricità a Gaza arriva solo per alcune ore, non
abbiamo sufficiente carburante e per questo non ci sono né trasporti né elettricità,
o beni di prima necessità. Il parkur è uno strumento notevole: se mi dovessi trovare
di fronte ad un muro – come può essere quello dell’apartheid o qualsiasi altro ostacolo
- faccio mille tentativi finché non riesco a superarlo. Questo sport ci aiuta a non
arrenderci davanti alle tante difficoltà.
D. – Gaza è il vostro futuro o nei
vostri sogni c’è qualcosa di diverso?
R. – (parole in arabo) All’inizio
si è cominciato a praticare questo sport per fare ginnastica, poi la cosa si è trasformata
perché i ragazzi hanno incominciato a credere veramente in quello che fanno. Vedono
il loro futuro a Gaza e vogliono aiutare Gaza. Da parte, mia spero che il parkur possa
aiutare la popolazione di Gaza a recuperare i propri diritti. (cp)