2012-03-10 14:39:16

Proseguono i raid israeliani a Gaza: ucciso dodicenne, 17 le vittime palestinesi


Proseguono per il terzo giorno consecutivo i raid israeliani su Gaza: oggi è rimasto ucciso un ragazzo di 12 anni. Il bilancio delle vittime palestinesi sale a 17. Si contano decine di feriti feriti. Al contempo, una fitta pioggia di razzi si è abbattuta nel Neghev israeliano, col ferimento di almeno 4 persone. All'origine di questa nuova escalation di violenza, l'uccisione venerdì a Gaza – con un'esecuzione mirata condotta da un velivolo israeliano – di Zuheir al-Kaisi, comandante dei Comitati di resistenza popolare, formazione armata alleata di Hamas. Per un commento sulla situazione in Medio Oriente, Emanuela Campanile ha intervistato Camille Eid, esperto di questioni mediorientali:RealAudioMP3

R. – Ci sono stati questi nuovi raid israeliani: ormai alla reazione segue la contro-reazione, alle offensive seguono le contro-offensive. Sappiamo che ieri era stato ucciso un leader della Resistenza popolare palestinese – così viene definita – e quindi ci sono stati questi lanci di missili palestinesi contro il Neghev israeliano, e da parte sua Israele non ha fatto ovviamente attendere la sua risposta. Raid che hanno provocato, per ora, l’uccisione di una quindicina di palestinesi. Ma il bilancio è provvisorio.

D. – Diciamo, quindi, che la ripresa di questi scontri è su larga scala...

R. – Certamente. Si parla di 80 missili lanciati. Il numero è veramente eccessivo e chiaramente non si fermerà qui. Ora, l’aviazione israeliana ha neutralizzato sei diverse cellule di miliziani palestinesi, ma la situazione torna a essere davvero incandescente e rischia di esplodere nuovamente, com’era successo alcuni mesi fa.

D. – C’è stata qualche dichiarazione dallo Stato di Israele?

R. – Finora non risulta alcuna dichiarazione ufficiale. Si parlava di accuse, nel senso che al-Kaisi, il leader ucciso ieri, aveva organizzato un attentato al nord di Eilat e quindi le loro azioni ‘mirate’ avevano questa giustificazione, proprio perché ad essere colpita è stata la sua macchina. Non mi risultano, al momento, altre dichiarazioni ufficiali, anche se credo che non tarderanno ad uscire per quanto riguarda quest’ultimo lancio di missili.

D. – Abbiamo comunque capito che Israele sembra agire con mano molto pesante. Altro punto davvero dolente è il pericolo-Iran: la situazione, ad oggi, qual è?

R. – Si torna a paventare il prossimo arrivo dell’Iran all’arma nucleare. Sappiamo che lo scorso lunedì c’è stato l’incontro di Netanyahu con il presidente americano, Barack Obama, e lo stesso Netanyahu ha fatto un discorso abbastanza acceso davanti all’Aipac – che è la lobby ebraica presente in America – paventando proprio l’opzione militare come prossima. Ha affermato che non è sicuramente una questione di giorni o settimane, ma non sarà nemmeno questione di anni, e questa dichiarazione ha chiaramente suscitato una ripresa del dibattito anche all’interno di Israele, perché ci sono pro e contro riguardo quest’opzione militare. Ora, si attenderà la prossima riunione del gruppo 5+1 per vedere se ci sarà davvero una disponibilità iraniana a riprendere le trattative oppure no.

D. – Anche perché, molto probabilmente, ci saranno degli stravolgimenti nelle elezioni in Iran. E’ un po’ tutto da ridefinire...

R. – Non penso che le elezioni in Iran cambieranno molto il quadro generale, perché non mi risultano movimenti o forze politiche iraniane contrarie alla definizione dell’Iran come potenza nucleare. E’ chiaro che gli iraniani, al momento, non parlano ufficialmente di "appetito" nucleare-militare: tutti affermano che l’Iran ha il diritto, come altri Paesi, a possedere l’arma nucleare, ma si parla comunque di un possesso per scopi civili. I sospetti sono comunque ben fondati, perché anche il direttore dell’Agenzia atomica internazionale, l’Aiea, dichiara che l’Iran non ha detto proprio tutto, e dunque ci sono gli ispettori che già da alcuni giorni chiedono di poter entrare a visitare alcuni siti, tra i quali la base militare di Parchin, vicina alla capitale iraniana. Ci si aspetta, quindi, qualche mossa nei prossimi giorni, perché l’Iaea ha detto che prossimamente gli ispettori si recheranno lì e alla prossima riunione del 5+1 – che si terrà nel messe di aprile – valuteranno se questa “finestra di opportunità” di cui ha parlato Obama sarà veramente aperta o chiusa.

D. – A proposito di Stati Uniti, Israele che tipo di rapporto ha con l’attuale presidente americano nel quadro di questa crisi interna e nei confronti dell’Iran?

R. – La maggioranza degli israeliana – ossia il 58% delle persone intervistate, secondo un sondaggio degli ultimi giorni – afferma che non si deve attaccare l’Iran senza l’appoggio americano. Parlano della necessità di avere un appoggio e che non sia quindi un’azione unilaterale da parte di Israele per quanto riguarda un attacco del genere. Anzi, un giornale iraniano diceva che gli Stati Uniti avrebbero offerto a Israele, in cambio della rinuncia ad attaccare l’Iran, armi ultra-sofisticate. Bisogna però vedere se è veramente così. Sappiamo comunque che il presidente Obama non può rischiare di lanciare un attacco del genere o avallarlo alla vigilia delle elezioni presidenziali americane. Dopo queste elezioni, forse, il discorso potrà essere un altro, ma non in questo periodo. Israele è divisa tra queste due opzioni: non vuole arrivare al giorno in cui l’Iran dichiarerà il proprio possesso dell’arma nucleare, ma non vuole nemmeno aspettare il dopo-elezioni. (vv)

Ultimo aggiornamento: 11\03\2012







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