2012-03-10 13:43:10

Libia: migliaia in piazza a Bengasi e Tripoli contro la divisione del Paese


Migliaia di persone sono scese in piazza ieri a Tripoli e Bengasi per manifestare contro la dichiarazione unilaterale di autonomia della Cirenaica. A pochi mesi dalla fine della guerra civile, conclusasi con l’uccisione del colonnello Gheddafi, si riaffaccia nel Paese il rischio di guerra civile. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Arturo Varvelli, ricercatore dell’Istituto Studi di Politica Internazionale, esperto di Libia:RealAudioMP3

R. - Solamente nei prossimi mesi e soprattutto in vista delle lezioni di giugno, si potrà capire che cosa succederà. Ci sono ancora prospettive che possono far pensare che il Paese rimanga insieme. C’è innanzi tutto la funzione che hanno il petrolio e la distribuzione della rendita che il governo centrale sta già organizzando. Questo di fatto, potrebbe aiutare ad unificare il Paese, perché naturalmente per usufruire dei proventi del greggio, bisogna che vi sia un’unità di intenti e una gestione comune e ordinata del settore petrolifero, che costituisce circa il 95% delle entrate della Libia. Invece, per quanto riguarda la democrazia, sono molto più scettico.

D. - Se il Consiglio nazionale di transizione (Cnt) è stato un’espressione della Cirenaica, per quale motivo ora si è creata questa frattura tra Tripoli e Bengasi?

R. - In realtà è stata un’espressione di alcuni elementi del vecchio regime che si sono riuniti in Cirenaica; infatti questa regione è la parte che è stata liberata e che si è sollevata per prima. Però c’è stato subito un problema di legittimità, di rappresentanza del Cnt, rispetto per esempio alle milizie anti-Gheddafi. Questi reparti, che hanno combattuto strenuamente sul campo, non sono mai state rappresentate politicamente all’interno dell’organismo dell’autorità centrale: il Cnt appunto. E questo è il problema principale che si è creato, quello tra il braccio militare della rivoluzione, ossia le varie milizie sparse ormai per il Paese, e l’organo politico, che invece ha una forte legittimità esterna, in quanto è sorretto dai governi europei, dai governi arabi e gli Stati Uniti.

D. - C’è il rischio di una guerra civile?

R. - Secondo me è un rischio ancora relativamente basso. Più che una nuova guerra civile, il problema è una sorta di “semi anarchia”, dove il Cnt o il governo centrale non hanno un pieno controllo di tutto il territorio che viene lasciato alle milizie. Queste possono in qualche maniera rifarsi a tradizioni del passato. Ricordiamo che la rivalità tra Cirenaica e Tripolitania esiste ancora, e possono anche basarsi sul tessuto sociale clanico, tribale di cui oggi la Libia è ancora in gran parte espressione. Quindi in pratica, il modo in cui interagiranno l’identità nazionale, regionale e l’identità clanico-tribale, è l’aspetto rimane sicuramente ancora un’incognita per il prossimo futuro.

D. - Il Consiglio nazionale di transizione sembra in difficoltà di fornte alla comunità internazionale per le accuse ricevute in relazione ai campi di addestramento di miliziani anti-Assad che operano in Siria...

R. - È sicuro che vi siano molti libici che hanno cercato di liberare il Paese dal regime di Gheddafi e che ora si sono dirottati sul regime siriano e sono in Siria a combattere. Questi sono dati accertati, come era accertato che, in passato, molti libici, provenienti soprattutto dalla Cirenaica, fossero presenti sui teatri iracheno ed afghano. Molto più difficile dire se vi siano dei campi di addestramento in Libia. Non vedo i libici così pronti ad addestrare altre persone, dato che hanno fatto molta fatica ad addestrare loro stessi. (bi)

Ultimo aggiornamento: 11/03/2012







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