Il Giappone del dopo Fukushima tra dignità e nuove speranze: editoriale di padre Lombardi
Un anno fa, un’apocalisse di pochi minuti annichilì un’intera nazione e impressionò
il resto del mondo, arrivando a condizionarne scelte di grande rilevanza sociale.
Un anno dopo, il Giappone ricorda le vittime del sisma e dello tsunami dell’11 marzo
2011, con le migliaia di morti e la scia di distruzione, mentre il resto del mondo
ricorda in che modo un intero popolo ha cercato di risollevarsi da quella tragedia.
Ad essa, e alle sue conseguenze, il nostro direttore padre Federico Lombardi
dedica il suo editoriale per il settimanale informativo “Octava dies” del Centro Televisivo
Vaticano:
Il fortissimo
terremoto che colpì il Giappone l’11 marzo dell’anno scorso rimane scolpito nella
memoria non solo del popolo del Sol Levante, ma del mondo intero, come pure l’ancor
più spaventoso tsunami dell’Oceano Indiano del dicembre 2004 con le sue centinaia
di migliaia di vittime. Il terremoto e lo tsunami giapponese provocarono ventimila
morti, prendendo di sorpresa un Paese che convive da secoli con queste catastrofi,
ma che questa non l’aveva assolutamente prevista. E che poi si è prolungata con l’impressionante
incidente alla centrale nucleare di Fukushima, dalle conseguenze più insidiose e di
più lungo termine. La fiducia nella scienza, i piani di emergenza, l’intera politica
energetica di un Paese progredito e ben organizzato sono stati messi radicalmente
in questione. Oggi in Giappone quattro reattori nucleari sono in funzione, mentre
cinquanta sono fermi. Gli studiosi pensano che la scossa dell’anno passato abbia creato
una situazione di instabilità che renda più prossima la probabilità di un altro grande
terremoto. La vita, le attese sono cambiate. Tutti abbiamo ammirato il modo coraggioso,
dignitoso e solidale con cui il popolo giapponese ha reagito alla tragedia e si è
organizzato per portarne le conseguenze. Nel giorno del Venerdì Santo, rispondendo
alla domanda di una bimba giapponese in una trasmissione televisiva, il Papa le diceva:
“Anche io mi domando perché. Non abbiamo le risposte, ma sappiamo che Gesù ha sofferto
come voi, innocente. Dio mi ama, sta dalla mia parte, un giorno capirò che questa
sofferenza non era vuota. Stai sicura, noi siamo con te, con tutti i bambini giapponesi
che soffrono. Preghiamo insieme perché per voi venga luce quanto prima”. Di fronte
alla tragedia più grande di noi, non perdere la speranza e saper ritrovare il senso
più profondo e durevole del nostro destino, del nostro essere in cammino insieme su
questa terra.