"Il buio è uno spazio": il fotografo Bavčar al Museo di Roma in Trastevere
E’ in corso al Museo di Roma in Trastevere – e proseguirà fino al 25 marzo - la mostra:
“Il buio è uno spazio” di Evgen Bavčar, fotografo sloveno non vedente dall’età
di dodici anni. L’artista, tra i più apprezzati nel mondo della fotografia, presenta
una selezione delle sue famose stampe in bianco e nero e, in anteprima assoluta per
l’Italia, alcuni suoi scatti a colori. Lo stesso Bavčar spiega al microfono di Cristina
Bianconi come è arrivato alla fotografia:
R. – Da quando
sono diventato cieco ho sempre voluto essere come gli altri, fare le stesse cose.
Mia sorella ha comprato un apparecchio fotografico e un amico mi ha insegnato a fotografare.
Ho scattato foto ad alcune ragazze al liceo e le ho date ad un fotografo che le ha
fatte sviluppare…era un miracolo, erano le immagini! Così ho cominciato e sono contento
quando c’è un ritorno delle mie immagini attraverso le parole degli altri che mi descrivono
e mi dicono quello che vedono.
D. - Non mancano fotografie tratte dal paesaggio
sloveno. Quanto la sua terra e la sua cultura hanno influenzato il suo lavoro?
R.
– Mi influenza molto perché è l’unico Paese dove ho visto anche la luce del mondo.
Io guardo attraverso i volti del mio Paese natale. Anche la chiesa del mio paese,
che è stata costruita da Fabiani, è per me l’archetipo di tutte le chiese: di San
Pietro a Roma, di Nôtre Dame a Parigi… Così costruisco le immagini, con lo sguardo
del “terzo occhio”, che è uno sguardo interiore. Sono felice se posso comunicare questo
sia scrivendo sia facendo filosofia, sia fotografando.
D. - A cosa si riferisce
quando parla di “sguardo spirituale del terzo occhio”?
R. – E’ lo sguardo che
guarda al di là delle cose temporali che ci permette di guardare nei sogni, di avere
un’idea dell’invisibile come, per esempio, nella Bibbia gli angeli fanno la mediazione
tra il visibile e l’invisibile. Io credo molto agli angeli e qualche volta quando
sto facendo le fotografie dico che sono gli angeli della luce che vengono a darmi
un’ispirazione interiore. In noi tutti forse c’è uno sguardo temporale e poi c’è uno
sguardo trascendente. In un seminario a Lugano ho parlato dell’immagine del Cristo:
chi ha visto Cristo? Poca gente in realtà, però tanti pittori hanno fatto molte opere
sul tema “Cristo”, sul viso di Cristo… L’hanno visto immaginando e credendo ad un’esistenza.
Questo per me è il terzo occhio.