Molto presto una nuova ondata di siccità potrebbe colpire il Corno d’Africa. L’allarme
è stato lanciato dall’Igad, l’Intergovernamental authority on development che ha invitato
Paesi come la Somalia, il Gibuti, il Kenya (la cui parte sud potrebbe essere coinvolta)
e l’Etiopia (a rischio è il nordovest) a prepararsi fin da ora ad affrontare una probabile
crisi. Non tutti i climatologi, però, sono d’accordo con questa ipotesi: secondo alcuni
esperti, infatti, è ancora prematuro fare stime sull’andamento delle piogge Gu, che
cadono nell’area tra aprile e giugno. L’emergenza siccità nel Corno d’Africa dei mesi
scorsi è abbastanza rientrata: grave resta solo la situazione di alcune aree della
Somalia come Juba e il Medio Shabelle da dove, secondo i dati forniti dalla Caritas
all’agenzia Fides, il mese scorso sono sfollate 62mila persone. Il timore maggiore,
in caso di ritorno dell’emergenza, è per il corridoio di Afgoye, area che ospita l’insediamento
di sfollati interno più grande della Somalia e bramato anche dalle milizie di Al Shabaab:
di qui potrebbero fuggire fino a 270mila persone, dirette verso la capitale Mogadiscio.
Per scongiurare questo pericolo, mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti, amministratore
apostolico di Mogadiscio e presidente di Caritas Somalia, ha incontrato negli Usa
rappresentanti del Congresso americano e delle Nazioni Unite ai quali ha chiesto un
maggiore impegno diplomatico e politico. Il vescovo, infine, ha anche partecipato
a una riunione di Caritas Internationalis incentrata sull’emergenza nel Corno d’Africa
e sul coordinamento delle Caritas attive nell’area. (R.B.)