Vescovi del Sud-Est Europa a Strasburgo. Mons. Giordano: la fede rinsalda il continente
Un incontro di formazione e informazione per capire il complesso meccanismo delle
istituzioni europee così da poter rendere più incisiva al loro interno la presenza
della Chiesa. È stato questo l’obiettivo di fondo che ha visto i vescovi del Sud-Est
europeo incontrarsi da lunedì scorso a Strasburgo. A invitarli è stato mons. Aldo
Giordano, osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa.
L’incontro ha ribadito, fra l’altro, il ruolo della religione come fattore di coesione
continentale. Al microfono di Alessandro De Carolis mons. Giordano traccia
un bilancio dei lavori:
R. – Un primo
tema è stato quello della questione del ruolo della religione. Da una parte, si è
preso coscienza che la religione ha un ruolo fondamentale per la coesione sociale,
per il dialogo interculturale. Quindi, da ciò, deriva l’esigenza di fare tutti gli
sforzi per la libertà religiosa, per il riconoscimento giuridico delle comunità delle
Chiese che ancora oggi, in alcuni Paesi del Sud-Est dell’Europa è un problema, e anche
per arginare la discriminazione per motivi religiosi. Un altro tema è stato quello
della constatazione del dialogo con le persone in questi Paesi che sono ancora in
una fase di transizione verso una democrazia matura. Noi sappiamo che esistono ancora
dei grossi limiti in tali Paesi, e anche conflitti. Ad esempio, la situazione di Cipro
rappresenta un conflitto grave per l’Europa intera, ma non dimentichiamo la situazione
del Kosovo, della Transnistria in Moldavia, o anche la situazione del conflitto tra
Georgia e Russia.
D. – Uno dei suoi auspici, prima di questo incontro, era
che la Chiesa in Europa sia presente là dove si prendono le decisioni. Alla luce di
questo incontro, è un auspicio che sente rafforzato?
R. – È stato certamente
un incontro importante, significativo, perché è stato prima di tutto di informazione.
È importante che i vescovi siano informati sul modo di funzionamento delle istituzioni
europee e che entrino nella complessità del meccanismo europeo, quindi si è trattato
di informazione e di formazione. Poi si è creata di fatto, durante l’incontro, una
reale piattaforma di rapporto tra i presidenti delle Conferenze episcopali e personaggi
autorevoli delle istituzioni. I vescovi, alla fine, hanno testimoniato un grande interesse
e anche una certa serenità, perché conoscendo meglio le istituzioni, e soprattutto
conoscendo meglio persone, hanno preso una nuova coscienza delle possibilità di intervenire.
Ad esempio, nelle sentenze della Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo che riguardano
libertà di religione. Vedere come le sentenze creino giurisprudenza ha dato una coscienza:
si possono preparare soprattutto dei laici, si possono avere delle persone competenti
che seguono questi capitoli e che possono esplicitare i problemi, riuscire a portare
ad esempio a Strasburgo delle cause. Questo sembra essere uno strumento per poter
essere protagonisti.
D. – Alla Messa per l’Europa, celebrata ieri, Lei ha detto
fra l’altro all’omelia, che “se ci si basa solo su rapporti regolati da diritti e
doveri non si va lontano e che c’è invece bisogno di relazioni gratuite e di misericordia”:
come dire che non può esserci Europa senza valori cristiani...
R. – Certamente.
Credo che l’evento della Messa, sia stato - anche grazie a una grande partecipazione
da parte di persone delle istituzioni - l’occasione per dire che Dio deve avere una
presenza nello spazio pubblico e che la religione ha un contributo enorme da dare
alla società. E ribadire anche la coscienza che una società capace di vivere in pace,
capace di solidarietà, è una società che deve invocare questo come dono: creare un
luogo di preghiera, perché questo dono può venire solo dall’Alto, solo un Altro può
salvarci. (bi)
Ieri sera, dunque, lo stesso mons. Giordano ha tenuto l’omelia
alla Messa per l’Europa, presieduta nella Cattedrale di Strasburgo dall’arcivescovo
della città, Jean-Pierre Grallet. folta la partecipazione di ambasciatori e funzionari
del Consiglio d'Europa, giudici della Corte europea dei diritti dell'uomo, membri
di comunità e organismi ecclesiali particolarmente impegnati nel cammino europeo.
Il servizio di Adriana Masotti:
L’eterna lotta
del male contro il bene, libertà individuale e rapporto con Dio, potere e servizio
i temi affrontati da mons. Giordano. Se guardiamo al primo cristianesimo, ha esordito,
scopriamo che esso ha avuto una grande diffusione grazie al sangue dei martiri. Anche
oggi molti sono perseguitati o uccisi a causa della loro fede. Basta ricordare le
persecuzioni dei regimi comunisti nel passato e più recentemente i cristiani uccisi
in Iraq, in Nigeria o in Pakistan. Come ieri anche oggi non è facile dire al mondo
la Parola di Dio, perché il male è potente e non sopporta il bene, non sopporta la
luce. E continua: più le tenebre sono fitte, più siamo sfidati a cercare la luce.
Nella vita personale come nelle difficoltà del mondo. Commentando la pagina del Vangelo
letta poco prima che racconta del viaggio di un gruppo di uomini e donne verso Gerusalemme,
e della rivelazione che Gesù fa loro della sua prossima morte e resurrezione, mons.
Giordano dice che quei compagni di viaggio non sembrano interessati all’annuncio,
sono presi piuttosto da preoccupazioni di carriera e di potere. Gesù contraddice le
loro aspettative, spiega che coloro che fanno la vera storia non sono i prepotenti,
“ma coloro che hanno il coraggio di scegliere di servire”. E’ una visione rivoluzionaria
del potere quella vissuta da Gesù stesso: Egli decide liberamente di “servire” il
Padre, perché lui è il Figlio, e di servire gli uomini per ridare anche a noi la possibilità
di vivere come figli. Ma non sempre l’uomo accetta questo rapporto di figliolanza:
“Il serpente delle origini ha spinto Adamo ed Eva e spinge anche oggi l’Europa sulla
strada della autonomia, della separazione dal Padre per cercare di realizzarci e salvarci
da soli, dice mons. Giordano, ma la solitudine è triste e la libertà da sola, non
è capace di salvarci. Perciò “affidarsi ad un Altro che appare in grado di realizzare
la nostra aspirazione all’eterno, alla bellezza, alla verità, all’amore, alla vita,
è il grande atto intelligente della libertà”. Il vivere da figli dello stesso Padre
ci rende poi fratelli e tra fratelli il potere vero è quello dell’amore”. “La verità
cristiana, conclude mons. Giordano, non può allearsi a forme violente di potere, non
può dare spazio al fanatismo”. La città dell’uomo non è costituita solo da rapporti
di diritti e di doveri, ma ancora di più, da relazioni gratuite, di misericordia e
di comunione. Il vivere insieme pacificamente è per i credenti innanzitutto un dono
che va invocato, ecco il senso di questa preghiera per l’Europa e cita Benedetto XVI
che nella “Caritas in Veritate” scrive: “Lo sviluppo ha bisogno di cristiani con le
braccia alzate verso Dio nel gesto della preghiera”.