L'America Latina a duecento anni dall'indipendenza nel libro di Guzman Carriquiry
“Il bicentenario dell’indipendenza dei Paesi latinoamericani” è il titolo del libro
di Guzman Carriquiry, segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina,
presentato ieri a Roma presso l’Istituto italo-latino americano. Il volume, pubblicato
in Italia da Rubettino, è una lucida sintesi sulla situazione del continente sudamericano,
fra occasioni perse e prospettive di rilancio. Il servizio di Michele Raviart:
Raccontare l’indipendenza
di un continente senza cadere nella retorica nazionalista e nei luoghi comuni. Questo
l’obiettivo che si pone Guzman Carriquiry nel narrare i processi di emancipazione
dell’America Latina, tra il 1809 e il 1824, dalle prime insurrezioni lealiste scatenate
dall’invasione napoleonica della Spagna, alle guerre di popolo dei libertadores
Bolìvar e San Martìn. Un periodo storico spesso interpretato ingenuamente, tanto dagli
storici quanto dalle istituzioni, ma profondamente sentito nelle celebrazioni per
il bicentenario, cominciate nel 2010. Guzman Carriquiry, autore del volume:
“E’
un evento importante per i latinoamericani: da una parte aiuta a ricapitolare il passato
storico, ma dall’altra deve affrontare tutte le questioni, le sfide e i compiti che
l’indipendenza ha lasciato irrisolti. Bolivar facendo una sorta di bilancio nel 1830
della sua impresa di emancipazione diceva: 'Arrossisco nel dirlo, l’indipendenza è
l’unico bene che abbiamo ottenuto a costo di tutti gli altri'. In fondo, voleva dire
che neanche l’indipendenza era stata garantita, come abbiamo verificato nella storia
posteriore”.
Un’indipendenza, spiega l’autore, che ha sempre dovuto confrontarsi
con situazioni di squilibrio sia all’esterno, con l’ingerenza delle potenze anglosassoni
in campo economico e politico, sia all’interno, con le popolazioni indigene, discriminate
e costrette a vivere in condizioni degradanti. A unire un continente che si sarebbe
progressivamente frammentato in diverse unità statuali, il cristianesimo: mai messo
in discussione e i cui valori umani e spirituali sono stati spesso convertiti in diritto
positivo nelle Costituzioni di questi Paesi, come ci spiega mons. Marcelo Sanchez,
cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali:
“Una delle
cose fondamentali nel contesto del mondo globale è che in fondo l’America Latina ha
radici cristiane che si sono molto sviluppate dall’evangelizzazione: sono passati
400 anni. E non le hanno cancellate neanche i diversi processi per forza contraddittori
che ci sono stati al momento dell’indipendenza. E’ una forza enorme per dare la fede
e per dare anche quell’ordine dei beni del Regno che vengono col Vangelo”.
Per
la sua posizione tra le civiltà atlantiche e i Paesi del Pacifico, il ruolo cruciale
dell’America Latina, spiega ancora mons. Sanchez, diventa allora quello di promuovere
il cristianesimo e il suo umanesimo di libertà, democrazia, dignità della persona
e centralità della famiglia. In questo senso, l’imminente viaggio di Benedetto XVI
in Messico e Cuba assume una valenza speciale. Ancora Guzman Carriquiry:
“Il
Santo Padre ha annunciato questo viaggio il 12 dicembre scorso nella Basilica di San
Pietro, nella festività di Nostra Signora di Guadalupe, patrona dell’America Latina,
a motivo del bicentenario dell’indipendenza. La prima Messa che presiederà in terra
messicana sarà nel parco del Bicentenario, nel municipio di Silao, nel Guanajuato.
Certo, il Papa abbraccerà con la sua sollecitudine pastorale il popolo messicano e
quello cubano in modo molto speciale, per confermare e rivitalizzare in questi popoli
la fede in Cristo, Ma, allo stesso tempo, guarderà e si rivolgerà a tutta l’America
Latina che sta vivendo una fase storica molto favorevole e molto promettente”.
Dal
2003 ad oggi, l’America Latina ha avuto il processo di crescita economica di maggior
durata e consistenza degli ultimi 50 anni e da 40 vive un processo di democratizzazione
costante, che, afferma l’autore, “ha lasciato alle spalle politiche di morte che sono
state la morte di ogni politica”. Il continente sudamericano, che ha reagito meglio
di altre regioni del mondo alla crisi economica, ha oggi l’occasione di scrollarsi
di dosso l’etichetta di “continente delle occasioni perse” e può guardare con ottimismo
fondato al proprio futuro.