2012-03-08 13:55:47

Ancora sangue in Siria. Si dimette il viceministro del petrolio


In Siria non si ferma la repressione di Bashar al Assad contro gli oppositori. Scontri e bombardamenti si registrano ad Homs, città simbolo della rivolta e definita dalla responsabile Onu per gli Affari Umanitari Valerie Amos, che oggi è entrata, insieme ad esponenti della Mezzaluna Rossa, nel quartiere devastato di Bab Amro, “citta fantasma”. E mentre si lavora per ottenere corridoi umanitari, dal Cairo l’inviato speciale delle Nazioni Unite e della Lega Araba, in Siria, Kofi Annan, ha chiesto all'opposizione di Damasco di collaborare per risolvere il conflitto che ha già lasciato 7500 morti sul terreno, secondo i dati Onu. In questo scenario il governo di Assad perde il viceministro del Petrolio, Abdo Hussameldin, che ha annunciato le sue dimissioni e l'adesione all'opposizione parlando di “ingiustizia” e di una “campagna brutale del regime''. Sul fronte internazionale il presidente Usa Obama è tornato a ipotizzare opzioni militari, pur ribadendo la convinzione che ci sia ancora spazio per una soluzione diplomatica con Damasco. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento del prof. Massimo Campanini, docente di Storia dei Paesi islamici all’Università di Trento:RealAudioMP3

R. – Indubbiamente la defezione sembrerebbe indicare che la solidità del regime di Assad si stia sgretolando, anche perché un viceministro, sia pure non particolarmente importante negli equilibri del potere, è sempre una persona di prestigio all’interno della politica siriana. Tuttavia, io andrei cauto a giudicare che ormai il regime di Assad si stia effettivamente sfaldando, perché bisognerebbe innanzitutto chiedersi se queste dimissioni sono frutto di un’iniziativa personale oppure di un malessere più ampio, che si trova all’interno della compagine dirigente siriana. E, in secondo luogo, è importante capire fino a che punto quello che sta andando in crisi sia il blocco di potere, che fino a questo momento ha sostenuto Assad, cioè quel blocco di potere, che unisce insieme una parte degli alawiti, una parte dell’esercito, una parte dei sunniti, una parte della borghesia imprenditoriale e commerciale del Paese. Quindi, bisogna vedere se questo blocco di potere si sta disgregando effettivamente o se l’iniziativa del viceministro è soltanto qualcosa che indica un disagio e un malessere, ma non un effettivo momento di caduta, di crollo, di implosione dall’interno del regime. Questo ce lo dirà soltanto il trascorrere del tempo.

D. – Kofi Annan, che ricordiamo essere l’inviato speciale delle Nazioni Unite della Lega Araba in Siria, dal Cairo ha chiesto proprio all’opposizione di Damasco di collaborare per risolvere il conflitto. Insomma, finora si è parlato direttamente con Assad, adesso si parla con l’opposizione. Si sta tentando questa nuova via, avrà un esito?

R. – Se si vuole risolvere la situazione, da un punto di vista dialogico, è evidente che bisogna mantenere aperti entrambi i canali. L’iniziativa di Kofi Annan potrebbe essere intesa anche in senso favorevole ad Assad, nel senso che, in qualche modo, gli apre una via d’uscita, mettendo l’opposizione di fronte alle sue responsabilità di evitare un’opposizione intransigente per, appunto, convergere su un piano dialogico e di intesa bilaterale.

D. – Russia e Cina sono cauti nei confronti della Siria. Obama continua a parlare di possibile attacco militare, ma ribadisce la convinzione che ci sia ancora spazio per una soluzione diplomatica ...

R. – Stiamo assistendo ad un gioco di rivalità tra le potenze, che hanno trovato dopo la Libia un altro terreno per potersi incontrare e scontrare. Io ritengo che il gioco sia un gioco di equilibri sul piano geostrategico internazionale, anche se non penso né che Russia e Stati Uniti possano arrivare ad un vero e proprio scontro definitivo sulla questione siriana né che il regime di Assad potrà essere abbattuto da un intervento militare diretto. Le condizioni sono diverse rispetto a quelle che c’erano in Libia, quando c’è stato un intervento della Nato.

D. – Nel senso che lei crede che non si arriverà mai ad un accordo di questo tipo, o perché se ci fosse un intervento militare questo, di fatto, complicherebbe la situazione creando aggregazioni militari che sosterrebbero Assad?

R. – Mi sembra più pericolosa la seconda, cioè il fatto che un intervento militare potrebbe avere conseguenze imprevedibili, ripeto, non senza arrivare ad uno scontro di dimensioni internazionali tipo quello della Guerra Fredda. Perché io credo che se gli Stati Uniti insistessero su una posizione di rigidità, prima o poi la Russia dovrebbe fare un passo indietro. Anche perché un intervento militare, probabilmente, convincerebbe altre forze – penso soprattutto all’Iran – ad intervenire in qualche modo, se non a livello militare, sicuramente a livello diplomatico, per sostenere un regime che ormai da lungo tempo è alleato e sostenitore dell’Iran e dello Stato degli ayatollah. In questo senso, direi. (ap)







All the contents on this site are copyrighted ©.