Visco: Italia, Paese anziano, si lavori di più e più a lungo. Commento del prof. Dell'Aringa
L’aumento della produttività, il contrasto agli interessi particolari e la rimozione
di divari tra uomini e donne sono alcune delle priorità indicate dal governatore della
Banca d’Italia, Ignazio Visco, aprendo a Roma i lavori del convegno “Le donne e l’economia
italiana”. Il fatto che l’Italia sia un Paese anziano – ha affermato Visco – “rende
la sfida della crescita economica non solo più difficile ma anche decisiva”. Il servizio
di Amedeo Lomonaco: L’Italia è un
“Paese anziano” e per mantenere i livelli raggiunti - ha detto il governatore Ignazio
Visco - è necessario lavorare di più e più a lungo. Ascoltiamo il prof. Carlo Dell’Aringa,
docente di Economia Politica all'Università Cattolica di Milano:
R. - Occorre
una maggiore crescita. Questa è la sfida che anche l’attuale governo sta affrontando.
Occorrono misure che mettano sotto controllo i conti pubblici. Ma dal momento che
queste misure hanno, nell’immediato, effetti recessivi bisogna che da queste misure
poi nascano le condizioni per recuperare il terreno perduto e crescere. A quel punto,
sarà possibile anche aumentare i tassi di occupazione, in particolare per quelle categorie
di lavoratori per i quali i tassi di occupazione sono oggi molto bassi rispetto agli
altri Paesi. Fra questi, certamente la componente femminile, ma anche i lavoratori
anziani. L’attuale riforma delle pensioni è molto impegnativa, perché presuppone che
in poco tempo, il tasso di occupazione degli anziani aumenti di diversi punti percentuali.
Quindi, questa è la nostra risposta alle sfide della crescita e alla necessità di
lavorare più a lungo in un Paese che invecchia. Bisogna però creare le condizioni
affinché questi posti di lavoro vengano creati, perché il rischio è che con misure
di questo tipo, se non presuppongono poi una crescita forte dell’economia e dei posti
di lavoro, noi potremmo avere diverse centinaia di migliaia di lavoratori anziani
che rimangono senza lavoro e, a quel punto, anche senza pensione. D. - Il governatore
della Banca d’Italia ha anche affermato che il mercato del lavoro va riformato evitando
resistenze al cambiamento. Mutamenti di cui l’Italia, nella sua struttura produttiva,
ha urgente bisogno ...
R. - La struttura produttiva italiana è concentrata
nella piccola impresa, che rappresenta certamente un punto di forza dal punto di vista
anche della creazione dei posti di lavoro. Ormai, da un po’ di tempo infatti, con
la globalizzazione, questa struttura dimostra di essere insufficiente per i processi
necessari di innovazione e soprattutto per aggredire i mercati dei Paesi emergenti.
Poi è chiaro che l’industria ha bisogno di una serie di fattori anche nell’ambiente
che circonda le industrie, quindi la burocrazia, il fisco, le infrastrutture materiali
e immateriali e anche naturalmente le regole del mercato del lavoro. Tutte le categorie,
non solo quelle del mercato del lavoro, devono essere pronte ad affrontare il cambiamento
necessario affinché le imprese riescano a trovare un ambiente favorevole per acquisire
competitività. D. - Per aumentare l’occupazione – ha detto Visco - è necessario
contrastare le rendite di posizione e gli interessi particolari. Il futuro del Paese
dipende anche da questa operazione di contrasto?
R. - Certamente. Probabilmente,
il governatore ha in mente anche le condizioni di competitività dal lato del costo
del lavoro e dei prezzi. Nel nostro Paese, in assenza di una crescita della produttività,
spesso si è assistito ad una rincorsa fra le retribuzioni e i prezzi, dove nessuno
ci ha guadagnato, nemmeno i lavoratori, che a malapena hanno difeso il loro potere
di acquisto. Non c’è dubbio, però, che questa rincorsa ha comportato perdite di competitività
dei prezzi. Quindi, occorre interrompere questa spirale e lo si fa anche attraverso,
non tanto il controllo dei prezzi, ma con la riduzione di quei margini delle imprese,
che non sono giustificate dalle condizioni di concorrenza dei mercati. Anche recenti
tentativi del governo, cosiddetto tecnico, dimostrano quanto sia difficile incidere
su questi margini e su queste rendite. Questa però è la strada da percorrere, sapendo
che queste rendite si annidano un po’ in tutta l’economia. Quindi, tutti i gruppi,
grandi o piccoli che siano, devono fare la loro parte.
D. - Secondo Visco è
anche essenziale rimuovere i divari tra uomini e donne poiché dal lavoro femminile
può derivare “un contributo potenzialmente rilevante per la crescita”. Come favorire
una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro?
R. - Attraverso
le politiche di conciliazione. Politiche che, dove sono state adottate, hanno permesso
elevati livelli di partecipazione delle donne. C’è anche un fattore culturale che
attiene al ruolo della donna nella famiglia, che naturalmente talvolta la vede sacrificata.
Una maggiore collaborazione e partecipazione di tutti i componenti della famiglia
ai lavori familiari è un fatto che potrebbe certamente favorire l’occupazione della
donna, anche part-time eventualmente, nel mondo del lavoro. E questo sarebbe un arricchimento
della donna, della famiglia e anche della società nel suo complesso.
D. -
In Italia oltre 2 milioni di giovani non studiano e non lavorano. Tra questi oltre
un milione e 200 mila sono donne. L’occupazione, soprattutto tra i giovani, e in particolare
tra le donne, resta bassa. Quali gli ostacoli da rimuovere?
R. - La mancata
crescita e soprattutto la mancata crescita di posti di lavoro. Noi abbiamo avuto una
buona crescita dei posti di lavoro, dopo le riforme del mercato del lavoro, alla fine
del secolo scorso e all’inizio di questo secolo. Poi, però, questa crescita si è interrotta
e siamo entrati in una fase molto stagnante e di riduzione dei posti di lavoro. Dobbiamo
uscirne più velocemente. Possiamo uscirne solo se la nostra economia e il nostro Paese
diventa più competitivo e riesce, quindi, a creare posti di lavoro di buona qualità.
Questi devono servire un po’ per tutte quelle categorie che oggi aspirano ad un posto
di lavoro buono e sicuro e non ce l’hanno. Non solo i giovani, ma le donne, i lavoratori
anziani, che dovranno rimanere a lavoro perché l’età della pensione si allontana e
anche larghe aree del Paese, come il Mezzogiorno, dove la carenza di posti di lavoro
è diventata ormai cronica. Quindi, un bisogno di crescere, di creare buoni posti di
lavoro: questo è l’imperativo più importante. (ap)