Il cardinale Ravasi: scienza e fede hanno bisogno l’una dell’altra
L’evoluzione del rapporto tra fede e scienza nella storia e all’interno del dibattito
culturale è stato il centro della lectio magistralis che il presidente del Pontificio
Consiglio della Cultura, cardinale Gianfranco Ravasi, ha donato alla platea riunita
nell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum in occasione del 10.mo anniversario del
master in Scienza e Fede organizzato dall’università. C’era per noi Roberta Barbi:
L’obiettivo
da raggiungere è elevato e di fondamentale importanza: creare un clima diverso tra
scienza e fede, rapporto che ancora oggi risente di alcuni luoghi comuni di natura
positivistica. Questi due sguardi, che da angolature diverse si rivolgono all’essere,
sono diventati terreno di una ricerca che si svolge prevalentemente all’interno delle
università. Il perché lo spiega il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura,
cardinale Ravasi:
“Ci si è accorti sempre di più, che una pura
conoscenza scientifica, tante volte, è in realtà solo tecnica, non esaurisce la complessità
del reale. La stessa esistenza umana ha bisogno - per essere definita in maniera completa
- anche di criteri che sono ad esempio estetici, come la bellezza, la poesia, l’arte
che insegnano delle verità che la scienza, per sua natura, non considera”.
Da
un iniziale modello concordistico, dominante nell’antica tradizione, che leggeva i
testi sacri sforzandosi di trovare coincidenze tra gli asserti scientifici e quelli
teologici, alla fine del 1800 si è passati a un modello di tipo scientista, cioè a
una radicale divaricazione tra scienza e fede, con la conseguente negazione della
legittimità degli asserti non scientifici. Da qui, poi, si è sviluppato un modello
che si potrebbe chiamare “dei due livelli” in cui scienza e fede sono considerate
incommensurabili tra loro, intraducibili e quindi non conflittuali, ma anche questo
modello viene superato a vantaggio di un nuovo dialogo che non precipita nella separazione
assoluta tra le due. Il cardinale Ravasi chiarisce a che punto è, oggi, questo dialogo
tra scienza e fede:
“Abbiamo certamente il riconoscimento da parte della
scienza, dei due livelli sui quali si collocano da un lato il percorso scientifico
in senso stretto, e dall’altro il percorso teologico. Questo è passo molto significativo:
riconoscere la dignità dei percorsi che ha la conoscenza umana, sia attraverso l’esperienza
scientifica, sia attraverso la riflessione teologica”.
All’interno di questo
proficuo dialogo, inquadrato in una prospettiva culturale, s’inserisce il Pontificio
Consiglio della Cultura, che da qualche tempo, tra l’altro, ha avviato il progetto
Stoq che si occupa di scienza, teologia e ricerca ontologica. In che modo lo spiega
ancora il porporato:
“Adesso, il Pontificio Consiglio della Cultura ha al
suo interno una fondazione di diritto vaticano che è intitolata ‘Scienza e Fede’,
la quale ha il compito di favorire questa capacità di mettere insieme più volti, più
sguardi, più dimensioni che sono proprie della realtà”.
Il fatto che la
scienza moderna utilizzi un linguaggio simbolico e una metodologia – ad esempio il
procedimento deduttivo – tipiche della filosofia, mostra come scienza e fede non siano
in opposizione, ma come, al contrario, tra loro ci sia amicizia. Cosa si può rispondere
allora a coloro i quali, invece, sono ancora arroccati in un approccio meramente scientifico
alla realtà? Lo chiarisce ancora il cardinale Ravasi:
“Di solito, un approccio
così semplificato, è proprio quello tipico della tecnica che invece, non s’interroga
sulla complessità della realtà, perché la realtà umana, alla fine esige anche che
ci siano dimensioni come quella della morale, della teologia e - dicevo ancora - dell’estetica.
La grande scienza è una realtà umanistica globale”.