Momento cruciale per le presidenziali statunitensi di novembre. Oggi, gli elettori
repubblicani votano infatti in dieci Stati, in quello che tradizionalmente viene chiamato
Supertuesday, il "Supermartedì". La sfida è ancora tra Mitt Romney e Rick Santorum,
con Newt Gingrich nel ruolo di outsider. Il servizio di Alessandro Gisotti:
È il giorno
del Supertuesday, il momento più atteso delle primarie per le presidenziali
americane di novembre. In palio, oltre 400 delegati distribuiti in 10 Stati. Per conquistare
la nomination alla convention repubblicana di Tampa, in Florida ad Agosto,
ne servono 1144. Negli stati del sud al voto oggi, in particolare Georgia e Tennessee,
Newt Gingrich spera in una nuova rimonta. Ma gli occhi sono tutti puntati sull'Ohio,
Stato chiave per vincere la corsa alla Casa Bianca. A Cleveland la sfida è ancora
tra Romney e Santorum. L'ex governatore del Massachusetts punta sull'economia per
rinforzare il suo status di front runner, di candidato favorito. Ecco un passaggio
del comizio di Mitt Romney a Youngstown, in Ohio, prima del voto:
“I
want bring good jobs back here… Voglio riportare qui buoni posti di lavoro,
voglio rivedere crescere i redditi. Voglio vedervi di nuovo fiduciosi che il futuro
sarà meglio del passato. Io so cosa serve perché ciò avvenga: tecnologia, innovazione,
creatività. Voglio che l’America torni ad essere il posto migliore per gli imprenditori,
gli innovatori e per quanti creano occupazione. Voglio migliori posti di lavoro, aumentare
i redditi. E’ questo quello che davvero conta”.
L'ex senatore della Pennsylvania,
Santorum, che ha battuto con forza sui temi etici, conta invece sul voto evangelico
per avvalorarsi come l'alternativa conservatrice al moderato Romney. Gli analisti
concordano tuttavia che neanche il Supertuesday metterà la parola fine alla
corsa dei repubblicani che andrà avanti almeno fino al 3 aprile, giorno in cui si
voterà in Texas. L'establishment del partito dell'Elefante teme che quella
di Tampa possa essere una brokered conventon, in cui la frammentazione del
voto nelle primarie impedisca ad alcun candidato di ottenere una chiara maggioranza
di delegati. Uno scenario che andrebbe a tutto vantaggio di Barack Obama.