Thailandia. Appello della Chiesa per la pace nel sud del Paese
Oltre 5mila morti e più di 8mila feriti: è il tragico bilancio del conflitto che,
da otto anni, sta devastando il sud della Thailandia, zona in cui la popolazione è
a maggioranza musulmana e si contrappone al restante 95% di abitanti buddisti. Dal
4 gennaio 2004, giorno in cui alcuni militanti islamici si impossessarono di un deposito
di armi nella provincia di Narathiwat, il conflitto si è esteso anche alle zone di
Pattani e Yala, provocando innumerevoli vittime. E non solo: fino ad ora, gli scontri
sono costati al governo di Bangkok quasi 4 miliardi di euro, necessari alle operazioni
militari. Di fronte a questa situazione, la voce della Chiesa cattolica – insieme
a quella di organizzazioni non governative come Amnesty International Thailandia e
il Centro Deep South Watch – si leva per chiedere la pace ed un intervento più concreto
delle autorità centrali. “Il governo – dice padre Suwat Leungsa-ard, sacerdote della
diocesi cattolica di Surat Thani, il cui territorio ingloba le tre province meridionali
del Paese – ha affrontato questo problema come se fosse estraneo al territorio”. Il
religioso, che da anni si adopera in favore della pace nel Thailandia del sud, afferma
che la popolazione locale è stata abbandonata dalle autorità politiche, lasciando
alla sola società civile – ovvero alle ong, ai responsabili delle comunità e dei villaggi
e alle organizzazione religiose – il compito di intervenire sul conflitto. “La popolazione
– continua padre Suwat – comprende bene quali siano le radici del conflitto e quindi
deve essere coinvolta nella ricerca di una soluzione”. In quanto direttore del Centro
diocesano per lo sviluppo sociale, padre Suwat si adopera anche a favore del dialogo
interreligioso: “Collaboriamo con alcuni responsabili musulmani e buddisti – spiega
– affinché gli insegnamenti di pace di tutte le religioni possano essere diffusi e
messi in pratica da ogni persona”. E già sono stati stabiliti dei contatti con alcune
Università locali per organizzare dei forum informativi e tentare di trovare soluzioni
possibili al conflitto, da presentare poi al governo. Infine, padre Suwat esprime
il suo scetticismo di fronte alla proposta di risarcimento avanzata da Bangkok alle
province meridionali del Paese: “Quello che conta – conclude il religioso – è cercare
la verità e portare i colpevoli davanti alla giustizia. Offrire del denaro per poi
incitare la popolazione a chiederne altro non ha alcun senso”. “Il governo – ribadisce
– deve assumersi le proprie responsabilità e indagare su un conflitto che ha già provocato
molte vittime”. (A cura di Isabella Piro)