2012-03-04 13:49:31

Thailandia. Appello della Chiesa per la pace nel sud del Paese


Oltre 5mila morti e più di 8mila feriti: è il tragico bilancio del conflitto che, da otto anni, sta devastando il sud della Thailandia, zona in cui la popolazione è a maggioranza musulmana e si contrappone al restante 95% di abitanti buddisti. Dal 4 gennaio 2004, giorno in cui alcuni militanti islamici si impossessarono di un deposito di armi nella provincia di Narathiwat, il conflitto si è esteso anche alle zone di Pattani e Yala, provocando innumerevoli vittime. E non solo: fino ad ora, gli scontri sono costati al governo di Bangkok quasi 4 miliardi di euro, necessari alle operazioni militari. Di fronte a questa situazione, la voce della Chiesa cattolica – insieme a quella di organizzazioni non governative come Amnesty International Thailandia e il Centro Deep South Watch – si leva per chiedere la pace ed un intervento più concreto delle autorità centrali. “Il governo – dice padre Suwat Leungsa-ard, sacerdote della diocesi cattolica di Surat Thani, il cui territorio ingloba le tre province meridionali del Paese – ha affrontato questo problema come se fosse estraneo al territorio”. Il religioso, che da anni si adopera in favore della pace nel Thailandia del sud, afferma che la popolazione locale è stata abbandonata dalle autorità politiche, lasciando alla sola società civile – ovvero alle ong, ai responsabili delle comunità e dei villaggi e alle organizzazione religiose – il compito di intervenire sul conflitto. “La popolazione – continua padre Suwat – comprende bene quali siano le radici del conflitto e quindi deve essere coinvolta nella ricerca di una soluzione”. In quanto direttore del Centro diocesano per lo sviluppo sociale, padre Suwat si adopera anche a favore del dialogo interreligioso: “Collaboriamo con alcuni responsabili musulmani e buddisti – spiega – affinché gli insegnamenti di pace di tutte le religioni possano essere diffusi e messi in pratica da ogni persona”. E già sono stati stabiliti dei contatti con alcune Università locali per organizzare dei forum informativi e tentare di trovare soluzioni possibili al conflitto, da presentare poi al governo. Infine, padre Suwat esprime il suo scetticismo di fronte alla proposta di risarcimento avanzata da Bangkok alle province meridionali del Paese: “Quello che conta – conclude il religioso – è cercare la verità e portare i colpevoli davanti alla giustizia. Offrire del denaro per poi incitare la popolazione a chiederne altro non ha alcun senso”. “Il governo – ribadisce – deve assumersi le proprie responsabilità e indagare su un conflitto che ha già provocato molte vittime”. (A cura di Isabella Piro)







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