Un anno fa l'assassinio di Shahbaz Bhatti. Il fratello: i giovani vogliono seguire
il suo esempio
E' il primo anniversario dell’assassinio di Shahbaz Bhatti, ministro cattolico pakistano
per le Minoranze religiose. Fortemente impegnato per la difesa delle minoranze e per
la revisione della Legge sulla blasfemia, dopo aver chiesto la liberazione di Asia
Bibi, la donna cristiana madre di cinque figli condannata a morte in nome di questa
norma, il 2 marzo 2011 veniva ucciso con 30 colpi di arma da fuoco. Vi riproponiamo
un suo scritto, che appare come un vero e proprio testamento spirituale del ministro
pakistano. Ce ne parla Alessandro Gisotti:
"Mi sono state
proposte alte cariche al governo e mi è stato chiesto di abbandonare la mia battaglia
– scrive Shahbaz Bhatti – ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa
vita”. La mia risposta “è sempre stata la stessa: ‘No, io voglio servire Gesù da uomo
comune’. Questa devozione mi rende felice. Non voglio popolarità, non voglio posizioni
di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù”. Voglio, scrive ancora il ministro
cattolico, “che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano
che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei
privilegiato qualora – in questo mio sforzo e in questa mia battaglia per aiutare
i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan – Gesù volesse accettare
il sacrificio della mia vita”. E ribadisce: “Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio
morire. Non provo alcuna paura in questo Paese. Molte volte gli estremisti hanno cercato
di uccidermi e di imprigionarmi; mi hanno minacciato, perseguitato e hanno terrorizzato
la mia famiglia”. Gli estremisti, racconta poi Bhatti, “qualche anno fa, hanno persino
chiesto ai miei genitori, a mia madre e mio padre, di dissuadermi dal continuare la
mia missione in aiuto dei cristiani e dei bisognosi, altrimenti mi avrebbero perso.
Ma mio padre mi ha sempre incoraggiato”. Io, conclude, “ dico che, finché avrò vita,
fino all’ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità,
i cristiani, i bisognosi, i poveri".
Numerose iniziative in tutto il mondo
ricordano oggi la figura del ministro Bhatti: in Pakistan, dove si celebrano Messe
di commemorazione in tutte le chiese del Paese, gli verranno intitolati un’università
e un museo. Tante le voci della società civile pakistana, non solo tra i cristiani,
che ricordano Bhatti come un grande leader politico impegnato fino al sacrificio estremo
per la difesa della dignità dell’uomo. Sulla figura e l’eredità spirituale del ministro
pakistano, Alessandro Gisotti ha raccolto la testimonianza del fratello Paul
Bhatti, consigliere speciale del primo ministro pakistano, raggiunto telefonicamente
a Faisalabad:
R. – L’eredità
più forte è che portava avanti la causa dei più poveri Era la voce per la gente che
non poteva parlare: difendeva i cristiani che venivano discriminati sulle diverse
cose. Questa è la causa che ha portato avanti e questa causa l’ha ora lasciata a me.
Pur essendo molto pesante, è – allo stesso tempo – molto gratificante per le cose
che ha fatto, le cose che ha ottenuto. L’amore che ha dato a questa comunità è grande.
D.
– Le cronache, anche di questi ultimi giorni, parlano di cristiani accusati di blasfemia
e di problemi: c’è tanto da fare…
R. – Esatto, esatto. C’è tanto da fare e
noi lavoriamo per la pace in Pakistan, perché è necessaria. E’ uno degli obiettivi,
oltre a difendere una determinata comunità, contribuire alla pace e alla stabilità
del Pakistan.
D. – Quali sono le speranze, soprattutto per i giovani del Pakistan,
in ricordo di suo fratello?
R. – Le speranze sono buone, anzitutto riguardo
alla dimensione cristiana, perché lui ha seguito Gesù Cristo con una fede così forte,
che non ha avuto mai paura. In secondo luogo, è necessario insegnare oggi ai nostri
giovani a proteggere ed essere più vicini a chi ha bisogno. Chi lo avrebbe immaginato:
c’è un desiderio nei giovani di seguire l'esempio di mio fratello, sono ispirati dalla
sua immagine. (mg)