Domenica le presidenziali in Russia. Favorito Putin
La Russia a due giorni dalle elezioni presidenziali. I sondaggi danno nettamente favorito
il premier Putin, nonostante le numerose contestazioni di piazza contro il suo ritorno
alla più alta carica dello Stato. Le autorità cercano con tutti i mezzi di evitare
che la protesta assuma i toni di una rivoluzione pacifica. Il servizio di Giuseppe
D’Amato:
Dunque c’è
il rischio che queste consultazioni si risolvano in un referendum pro o contro Putin?
Giancarlo La Vella ne ha parlato con Aldo Ferrari, docente alla Ca’ Foscari di Venezia
e responsabile ricerche su Caucaso e Russia dell’Ispi, l’Istituto di Politica Internazionale.
R. – Nel giro
di pochi mesi si è passati dalla percezione di una Russia sostanzialmente stabile,
magari non esaltante dal punto di vista politico e culturale, ad un Paese invece in
subbuglio, che vuole reagire all’ineluttabilità di avere Putin non solo per altri
6 anni ma, probabilmente, per altri 12. E’ vero che si andrà a votare per Putin o
contro Putin, ma soprattutto per vedere se è possibile dare alla Russia una possibilità
di sviluppo diverso da quello che pareva ormai preordinato in via definitiva. E’ un
momento delicato, oltre che interessante.
D. – Siamo abituati a guardare alla
Russia come uno dei protagonisti della scena internazionale, ma sul fronte interno
quali sono le problematiche?
R. – La mia personale opinione è che tra i grandi
Paesi dello scenario internazionale la Russia sia quello che rischia di più rispetto
a tutti gli altri, perché è un Paese in bilico non solo politicamente, ma che non
riesce rinnovarsi economicamente, che continua a contare soltanto sull’esportazione
di gas e petrolio; è un grande Paese di elevata cultura, di elevata tecnologia, ma
che non produce automobili o computer, non produce sostanzialmente nulla: questa stasi
economica – solo parzialmente corretta dalla ricchezza energetica – pregiudica sostanzialmente
il futuro del Paese. Ricordiamo che la Russia inoltre conosce una crisi demografica
impressionante; ha un livello di corruzione altissimo ed è bloccato a livello politico,
oltre che economico. Se la Russia non riuscirà in tempi anche abbastanza brevi a correggere
queste debolezze strutturali, rischia davvero di passare dai primi posti dello scenario
internazionale a una realtà di sostanziale marginalizzazione e declino. Da questo
punto di vista, credo che le lezioni vadano intese non solo come un referendum pro
o contro Putin, ma come una chance per la Russia di individuare un percorso politico,
economico e sociale differente, molto più adatto alle sue necessità.
D. –
Sarebbe, secondo lei, il momento per Mosca di stringere più concretamente i rapporti
con gli altri grandi del mondo? Per alcuni osservatori la Russia è ancorata – vedi
la crisi siriana – su posizioni vetero-sovietiche…
R. – Forse vetero-sovietiche
non è l’aggettivo più corretto, ma d’altra parte esprime la realtà di una posizione
politica estera ancorata ad interessi nazionali, il che rimane effettivamente legata
alla tradizione sovietica, vale a dire l’affermazione di interessi distinti da quelli
occidentali e in alleanza con la Cina: la Cina che, peraltro, se dal punto di vista
politico sembra essere un partner affidabile per la Russia, dal punto di vista economico
è invece un rivale poderoso che la sta soppiantando completamente in contesti come
quello dell’Asia centrale, per esempio. Da questo punto di vista la Russia dovrebbe
probabilmente anche modificare alcuni aspetti della sua politica estera, ma si tratta
di elementi strettamente collegati alla percezione che la leadership russa ha di se
stessa e del proprio interesse internazionale. Se non avviene un mutamento profondo
in questo ambito, anche nella politica estera i riflessi saranno assai limitati. (bf/mg))