La teoria del "gender": l'obiettivo è negare la differenza tra maschi e femmine
La teoria del "gender" che vorrebbe negare la differenza tra maschi e femmine, e che
si sta diffondendo in diversi Paesi, è al centro oggi di un incontro organizzato dall’Associazione
Scienza e Vita a Savona. Secondo tale teoria, criticata anche dal movimento femminista
negli Stati Uniti, femminilità e mascolinità sarebbero costruzioni sociali indotte,
dalle quali occorre liberarsi per stabilire un’autentica eguaglianza tra gli esseri
umani. Ma “il rispetto delle differenze non equivale ad una finta e impossibile omogeneità”
spiega Giulia Galeotti, autrice del libro “Gender-Genere. Chi vuole negare
la differenza maschio-femmina? L’alleanza tra femminismo e Chiesa cattolica”. Paolo
Ondarza l'ha intervistata:
R. - La teoria
del "gender" sostiene che tra uomini e donne non esistano differenze biologiche iscritte
nella natura, ma che la mascolinità e la femminilità, siano tutte costruzioni sociali
indotte. Il problema di questa ideologia è che è stata inizialmente presentata come
una sorta di “eleganza del linguaggio.” La parola “genere” è stata presentata come
un sostituto meno volgare e più “politicamente corretto” della parola “sesso”. In
realtà, la prima ad averla formulata fu nel 1949 Simone De Beauvoir che disse: “Donne
non si nasce, lo si diventa”. E questa fu ovviamente un mantra per di tutto il femminismo
degli anni ’70: aveva infatti una portata estremamente positiva visto che la discriminazione
che vivevano le donne non era qualcosa di legato alla biologia femminile. Quindi,
l’ideologia del gender, che è subentrata successivamente e con altre finalità, ha
avuto buon gioco ad appropriarsi un po’ di questo retaggio di discriminazione nei
confronti delle donne. Quindi è stata presentata come una via per emancipare, in
qualche modo, le donne.
D. - Dire che la femminilità e la mascolinità sono
costruzioni sociali indotte, equivale a relativizzare una differenza oggettiva tra
maschi e femmine. Quindi a dire anche che la natura in un certo senso è irrilevante...
R.
- Esatto. Questa ideologia si presenta come una via di emancipazione. Nonostante noi
donne abbiamo ottenuto delle grandissime conquiste, ancora oggi la discriminazione
femminile è una realtà anche in Occidente. Quindi la forza dell’ideologia del gender
è di legare in qualche modo la discriminazione, ai caratteri che sarebbero di mera
costruzione. Se la femminilità è costruita dal ruolo che socialmente la società dà
alle donne, allora questo ruolo deve essere decostruito e solo in questo modo la
società sarà composta da essere umani finalmente uguali, finalmente con gli stessi
diritti e con le stesse potenzialità.
D. - Secondo la teoria del gender quanti
sono i generi?
R. - I generi possono essere infiniti, nel senso che separandoli
dalla natura, non ha più senso nemmeno parlare di categorie. Confinare un’identità
dentro un genere è già sentito come una via di discriminazione, di ingabbiamento.
D.
- Cosa è successo in quei Paesi dove la teoria del gender ha preso piede?
R.
- Facciamo l’esempio della Spagna, il caso a noi più vicino. Oggi nel Codice Civile
spagnolo non si parla più di madri e di padri, si parla di genitore A e genitore B.
Quindi questa è già una prima applicazione reale della teoria che è sotto gli occhi
di tutti. Oggi in Australia, nel passaporto, accanto alle caselle che indicano “maschio”
e “femmina”, esiste una terza casella, una casella di neutro. E questa è una novità
intervenuta molto recentemente, dopo che alcuni transessuali hanno chiesto la possibilità
di non essere “etichettati” come maschi o come femmine. Il problema è che questa ideologia
è penetrata già a livello di Unione Europea e a livello di organizzazioni internazionali,
un po’ come un “sottomarino”, senza presentarsi ufficialmente. Se noi andiamo a vedere,
è già penetrata fino alla radice, perché la parola “sesso” è stata già sostituita
dalla parola “genere”. Questa sostituzione linguistica, non potrà non avere degli
effetti nel lungo periodo.
D. - E allora come rispondere a questa teoria?
R.
- Sul piano scientifico ormai non ci sono più dubbi: la mascolinità e la femminilità,
ci dicono gli scienziati, sono iscritti nel Dna della persona umana. Per rispondere
a questa teoria e smontarla, occorre partire da un concetto elementare per chiunque
si occupi di diritto o di filosofia, che è capire cosa sia effettivamente il principio
di uguaglianza. Il principio di uguaglianza non richiede di fingere che tutti gli
uomini siano uguali; il principio di uguaglianza ci dice che tutte le diverse voci
di cui è composta la società devono avere pari diritti. (bi)