Elezioni in Iran: 48 milioni di elettori al voto. L'opposizione invita al boicottaggio
Circa 48 milioni di aventi diritto al voto sono convocati alle urne, oggi in Iran,
per eleggere i 290 deputati del nuovo parlamento di Teheran. Oltre 2400 i candidati
preselezionati dal Consiglio dei Guardiani, massima autorità religiosa e giuridica
del Paese. All'appello a recarsi a votare lanciato dall'ayatollah Khamenei, ha fatto
da contraltare oggi quello dell'opposizione, che ha invitato ancora a boicottare la
tornata. Sul punto, Massimiliano Menichetti ha sentito l'opinione di Riccardo
Redaelli, docente di Geopolitica all'Università Cattolica di Milano:
R. – I cittadini
saranno “spintonati” verso le urne perché queste elezioni, che non suscitano alcun
interesse nella gran parte della popolazione iraniana, sono forse le peggiori elezioni
dalla nascita della Repubblica islamica. Quasi tutti i candidati riformisti sono stati
eliminati o hanno deciso di non partecipare. La manipolazione dei risultati e delle
liste ha visto punte mai raggiunte prima dal regime. Quindi, sostanzialmente, è solo
una disputa interna fra i gruppi conservatori in forte competizione tra loro: i cosiddetti
“conservatori tradizionali” vicini all’ayatollah Khamenei, e i nuovi conservatori
ultraradicali vicini ad Ahmadinejad.
D. – I candidati sono stati pre-selezionati,
lo ricordiamo, dal Consiglio dei guardiani, la massima autorità religiosa e giuridica
del Paese. Però non si assiste a una presa di posizione forte nei confronti di questa
situazione...
R. – Non dimentichiamo anche l’ultima grande manifestazione di
dissenso tenuta nel 2009, con le controverse elezioni che hanno riconfermato Ahmadinejad
con milioni di iraniani scesi in piazza e per le strade che gridavano: “Dove è finito
il mio voto!” Tutto questo è stato seguito da una repressione durissima. A migliaia
furono carcerati, alcuni uccisi, violentati, torturati nelle carceri, i leader imprigionati...
Nelle settimane prima delle elezioni si è assistito a un nuovo giro di vite. Tutto
questo spinge gli iraniani all’unica forma di dissenso che hanno: non presentarsi
alle urne.
D. – La popolazione si dice preoccupata per un possibile attacco
militare a causa delle posizioni sul fronte internazionale del presidente Ahmadinejad.
Ci sono problemi anche sul fronte interno: qual è la situazione?
R. – Il Paese,
potenzialmente, ha grandi risorse, ma è fiaccato da una corruzione dilagante, da un
sistema economico sclerotizzato e illogico, e soprattutto da queste sanzioni internazionali
– quelle occidentali unilaterali – che sono sempre più efficaci e colpiscono duramente.
I prezzi sono in vertiginoso aumento e molte fabbriche o ditte che lavoravano con
gli occidentali hanno dovuto chiudere. Quindi, sta aumentando la disoccupazione o
il sottoimpiego. Il governo populista sta spargendo somme in contanti per tamponare
questa situazione, ma in realtà immettendo liquidità, produce della fiammate inflattive.
E chi ha salari fissi, si trova in forte difficoltà. Questo vale anche per il ceto
medio. Non sarà certo il Majles, il nuovo parlamento iraniano a prendere decisioni
sui dossier chiave della Repubblica islamica. Il parlamento ha sempre avuto poteri
limitati e questo ancor di più. (bi)