Tunisia: atto vandalico contro la tenda-chiesa dei profughi cattolici
È stato compiuto un atto vandalico contro la tenda che i profughi cattolici usavano
come chiesa nello Choucha camp, il campo nel deserto alla frontiera tunisino-libica
che accoglie 3.000 migranti sfollati dalla Libia. L’episodio, avvenuto la notte tra
sabato e domenica, è stato denunciato oggi in una nota da don Mussie Zerai, presidente
dell’agenzia Habeshia, che racconta le testimonianze raccolte telefonicamente da un
nigeriano e un eritreo ed esprime “preoccupazione per la sicurezza nel campo”. Conferma
il fatto all'agenzia Sir don Sandro De Pretis, il sacerdote incaricato dall’arcidiocesi
di Tunisi di seguire i cattolici (soprattutto eritrei, etiopi e nigeriani) del campo:
“Sì qualcuno ha tagliato i teli del tetto e la tenda non è più utilizzabile - racconta
-. Non sappiamo chi è stato e per quale ragione. Al campo non ci sono mai state e
non ci sono tuttora tensioni tra cristiani e musulmani, forse è opera di qualche fanatico.
E’ un episodio ulteriore di varie difficoltà, ma non lo ricondurrei a problemi tra
religioni. Ho avvertito il colonnello, mi ha promesso che aprirà un’inchiesta interna.
Probabilmente non si saprà mai chi è stato”. Lo scorso anno, ad esempio, era stato
appiccato un incendio ad alcune tende ed erano morti quattro profughi eritrei. Ma
nessun responsabile è stato mai individuato. “Ora ci siamo trasferiti nella zona degli
eritrei - prosegue don De Pretis -. Per fortuna una organizzazione danese ci ha donato
una tenda migliore di quella che avevamo e abbiamo costruito lì la nuova chiesa. Speriamo
che non succedano più altri atti di questo tipo”. Il vero problema, al campo, è la
lentezza delle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato e le partenze
verso i Paesi di accoglienza. La maggior parte delle persone è lì da un anno e “anche
se le interviste dell’Unhcr dovrebbero terminare tra un paio di mesi”, le partenze
“sono con il contagocce”. “Stamattina sono partite 20 persone verso la Norvegia -
racconta il sacerdote italiano -. Gli Stati Uniti, dove tutti vorrebbero andare, si
sono resi disponibili per accogliere 2000 persone, ma è uno dei Paesi che ha le procedure
più lunghe. Finora nessuno è partito per gli Usa”. “Se si procede a questo ritmo -
avverte don De Pretis - le persone rischiano di stare al campo ancora per un altro
anno”. In generale la situazione, rispetto ad un anno fa, quando i pasti erano di
scarsa qualità e l’organizzazione interna carente, “è migliorata: rimane il fatto
che la gente non ha idea di quando finirà”. Anche perché “la situazione alla frontiera
con la Libia resta tesa: ci sono contrabbandieri che portano droga, armi. Questo non
è un bel posto dove stare”. Poi c’è la questione di circa quattro-cinquecento migranti
che a causa della nazionalità di appartenenza non hanno avuto il riconoscimento dello
status di rifugiato e non possono ancora tornare in Libia, dove lavoravano, perché
ci sono ancora pericoli. Don Mussie Zerai rivolge un appello “alle autorità tunisine
per garantire la sicurezza per le persone e i luoghi di culto” e auspica “che gli
Stati di accoglienza accelerino i tempi di trasferimento per evitare che la situazione
peggiori”. (R.P.)