India: manca giustizia per i crimini contro i cristiani in Orissa
“La violenza mirata contro gli adivasi (tribali) e i dalit della comunità cristiana
in Orissa viola il diritto fondamentale alla vita, alla libertà e all’uguaglianza
garantito dalla Costituzione indiana”. Così mons. John Barwa, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar,
in Orissa, in un messaggio inviato all’agenzia Fides in cui interviene sulla questione
della persecuzione dei cristiani nello Stato. L’arcivescovo spiega che “Gli attacchi
contro i cristiani avvenuti nel 2008 in Kandhamal sono stati molto diffusi ed eseguiti
con un’attenta pianificazione. La violenza include tutti gli elementi dei crimini
contro l'umanità, come definiti dal diritto internazionale. Cristiani che rifiutavano
di abbandonare la loro fede e di convertirsi all'induismo sono stati brutalmente uccisi
o feriti. Sono state bruciate o distrutte proprietà come residenze, istituzioni ufficiali,
luoghi di culto”. In quattro anni la situazione non è migliorata, sottolinea mons.
Barwa: “Difensori dei diritti umani sono stati deliberatamente presi di mira per il
loro ruolo di assistenza alle vittime ed ai sopravvissuti in Orissa. Oggi - denuncia
l’arcivescovo - la comunità sopporta terribili conseguenze: “Continuano le minacce
di violenza sessuale contro le donne e le loro figlie, aumentando il senso di vulnerabilità.
Sulla violenza sessuale regna il silenzio, a vari livelli: di informazione, di indagini,
di legalità. Non vi è alcun sistema per tutelare le vedove e le donne sopravvissute
alla violenza, restituendo loro dignità e vera libertà”. In molti luoghi la comunità
cristiana non è in grado di praticare liberamente la sua fede ed è così ridotta ad
uno stato di cittadinanza secondaria”. In tale tragico contesto, conclude l’arcivescovo,
“il sistema di giustizia penale è risultato inefficace: la complicità della polizia
e la collusione con gli aggressori, durante la fase delle indagini e dell'azione penale,
indica un pregiudizio istituzionale mirato contro la comunità cristiana tribale. In
tale contesto - conclude - “il sistema di giustizia penale è risultato inefficace:
la complicità della polizia e la collusione con gli aggressori, durante la fase delle
indagini e dell'azione penale, indica un pregiudizio istituzionale mirato contro la
comunità cristiana tribale”. (E.B.)