2012-02-27 08:17:16

Presidenziali in Senegal


Il Senegal ieri al voto per la scelta del nuovo presidente. Nessun incidente, ma ancora clima di forte tensione dopo le manifestazioni di piazza contro il presidente Wade, accusato di aver modificato la Costituzione per concorrere ad un terzo mandato. Tutta l’opposizione potrebbe coalizzarsi su un unico candidato se si andasse al ballottaggio, ma l’esito elettorale appare molto incerto e potrebbe aprire nuovi scenari per il Paese. Giancarlo la Vella con Massimo Introvigne, esperto di politica internazionale, che si trova a Dakar per studiare il processo elettorale senegalese. RealAudioMP3

R. – Il presidente Wade, che all’inizio godeva di un ampio consenso, in questo momento è considerato, all’età di 85 anni, da molti senegalesi troppo anziano per governare ancora il Paese. Si teme inoltre che voglia preparare la successione al figlio, instaurando un sistema dinastico che non è ben visto dalla maggioranza della popolazione e poi, come sta avvenendo per molti governi, la crisi economica globale ha creato un forte malcontento proprio nei confronti del presidente, il quale, peraltro, gode ancora di una forte base elettorale. Il nodo del problema sta nel fatto che la maggioranza della popolazione non crede che Wade possa vincere al primo turno, ma se questo dovesse avvenire, probabilmente ci sarebbero forti disordini dalle conseguenze imprevedibili.

D. - In caso di sconfitta del presidente uscente, quale potrebbe essere il futuro immediato del Senegal?

R. - La situazione sarebbe indubbiamente molto più tranquilla e i senegalesi potrebbero credere che i timori di elezioni truccate o manipolate a vantaggio del presidente non si siano concretizzati. Probabilmente, se Wade andasse al secondo turno perderebbe. I sondaggi sono vietati dalla legge senegalese, ma ci sono due candidati che sembrano avere le migliori possibilità e, se uno di questi andasse al ballottaggio con Wade, tutte le forze di opposizione lo sosterrebbero, consentendogli di vincere al secondo turno.

D. - Perché il Senegal, considerato uno degli Stati africani più stabili, si trova ora in questa situazione? Dietro questo conflitto c’è anche qualche altro motivo?

R. - Anzitutto il Senegal è un Paese decisivo per la stabilità africana, in virtù della sua tradizione democratica e anche per l’importanza della diaspora senegalese in numerosi Paesi. La crisi deriva da un fatto tipicamente africano e cioè il tentativo del presidente di non cedere il potere, ma deriva anche dalla crisi economica che ovunque aumenta le tensioni. Come sempre in questi momenti di crisi, anche la religione gioca un suo ruolo: il Senegal è un Paese dove si pratica un islam tranquillo, non violento. Tutto questo è di qualche importanza, perché nelle manifestazioni contro Wade sono stati lanciati invece degli slogan molto duri, tipici dell’islam più politicizzato, che non si erano mai sentiti in Senegal. Naturalmente questo preoccupa anche la minoranza cattolica, che peraltro gode di grande stima: anzi è alla comunità cattolica e in particolare al cardinale Sarr, arcivescovo di Dakar, che si guarda con speranza, come personaggio fuori dai giochi di potere, che ha sempre preso posizione a favore delle fasce sociali più deboli e della democrazia. Il porporato è una delle poche entità credibili e, nel caso di disordini all’annuncio del risultato elettorale, potrebbe svolgere un’opera di mediazione per mettere tutti intorno a un tavolo e calmare le acque.

D. - Un confronto pacifico post-elettorale, secondo lei, in questa situazione è possibile?
R. - Penso che tutto dipenda dal caso in cui il presidente Wade dovesse dichiararsi vincitore. Se sarà così, anche nel caso in cui gli osservatori internazionali dovessero dichiarare le elezioni regolari, molto probabilmente una parte significativa della popolazione non crederà all’esito del voto e potrebbero quindi esserci dei gravi disordini. Se, invece, si andrà al secondo turno, penso che il dialogo sia possibile. La recente intervista al cardinale Sarr concessa alla Radio Vaticana è stata ripresa da tutti i mezzi di comunicazione qui in Senegal e si è notato il suo appello alla pace e alla riconciliazione, ma anche i forti timori e un certo pessimismo che io mi permetto di collegare proprio all’ipotesi di un Wade dichiarato vincitore al primo turno. (mg)







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