2012-02-27 14:07:20

Imu a scuole cattoliche, anomalia italiana


di Sergio Cicatelli, Direttore del Centro di Ricerca Scuola Cattolica
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Le scuole cattoliche sono tutte enti no-profit, che non solo non traggono alcun guadagno dalla gestione ma ci vanno a rimettere, e la prova è che ogni anno si chiudono decine e forse centinaia di scuole cattoliche. In Italia, diversalmente dal resto d'Europa, c’è un equivoco sul significato 'pubblico' di scuola. Da noi 'pubblico' sta ad indicare la natura del gestore, non tanto il servizio che viene reso. Ci domandiamo più chi ci sia dietro che chi ci sia davanti. Altrove è perfettamente normale considerare pubbliche tutte le scuole perché tutte svolgono un servizio pubblico e là lo Stato interviene in vario modo (o retribuendo gli insegnanti, o accollandosi spese di vario genere). L'anomalia è tutta italiana. Sia nel numero che nella modalità di gestione. Perché altrove l’incidenza delle scuole non statali è maggiore che in italia.
Sugli altri criteri contenuti nelle norme IMU (la nuova ICI) per i beni della Chiesa, in base ai quali sono previste esenzioni (accoglienza di studenti disabili, applicazione del contratto collettivo per gli insegnanti, pubblicazione del bilancio, assenza di discriminazioni per l'ammissione), il prof. Cicatelli ricorda che questi sono già previsti dalla legislazione sulla parità (l.62/2000) e quindi sono già rispettati. "E’ auspicabile un minimo di ragionevolezza - si augura Cicatelli - e soprattutto lo sforzo di riportare la questione sul piano più culturale che economico. Il problema è di libertà di scelta educativa da parte delle famiglie. Sono in ballo dei diritti costituzionali che debbono essere resi concreti dalle condizioni materiali attraverso le quali è possibile esercitarli". (a cura di Antonella Palermo)








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