Afghanistan, il rogo del Corano favorisce la strategia dei Talebani
"In
Afghanistan rischiamo di assistere a una situazione analoga a quella che precedette
il ritiro dei sovietici da Kabul. Gli insorti, e cioè i Talebani, sanno che aumentando
la pressione, provocando morti e feriti, spingeranno i governi occidentali ad accelerare
il ritiro delle truppe, previsto per il 2014, lasciando da solo il presidente Karzai
a gestire il problema sicurezza". Così, Vittorio Emanuele Parsi, docente di
relazioni internazionali all'Università Cattolica di Milano, interpreta la nuova
fiammata di violenza e contestazioni anti-americane che investono l'Afghanistan da
una settimana. "Certo - spiega Parsi - la dissacrazione del Corano attuata dai
soldati Usa a Bagram dimostra il fallimento della complessa strategia del genarale
Petraeus che puntava a conquistare i cuori e le menti della popolazione locale. Irritare
il nemico e dargli motivi per fare proselitismo è il modo più sbagliato per combatterlo".
"Dopo più di dieci anni le forze dell'Isaf oggi sono più che mai considerate forze
di occupazione, non si è lavorato abbastanza per ottenere un consenso civile allo
sforzo del contingente internazionale". E' d'accordo, in gran parte, con questa
analisi, il missionario rogazionista pade Giacomo Rossini, che
ha vissuto per quattro anni a Kabul. "I Talebani da sempre prendono al volo ogni motivo
per sfruttarlo contro le forze dell'Isaf" spiega. "Il recente omicidio di due ufficiali
americani nel ministero dell'interno a Kabul dimostra che l'onda della rabbia anti-occidentale
nella capitale afghana è in crescita". "Ora - conclude il prof. Parsi - c'è il
rschio che l'Afghanistan diventi ancora di più una terra di coltura del terrorismo
internazionale per di più confinante con un Paese a rischio come il Pakistan". (a
cura di Fabio Colagrande)