Al via in Congo un tribunale per i diritti dei minori, la testimonianza di un missionario
guanelliano
A Kinshasa è attivo da qualche mese, il “tribunale dei minori”, una piccola ma importante
conquista per la società congolese. Il tribunale cerca, infatti, di contrastare il
fenomeno della stregoneria e del maltrattamento dei bambini che vengono spesso allontanati
dalle famiglie con l'accusa di essere stregoni. Per un commento sull’importanza di
questo tribunale, Alessandro Gisotti ha raggiunto telefonicamente a Kinshasa
il missionario guanelliano, fratel Mauro Cecchinato, responsabile dei centri
di recupero dei ragazzi di strada dei Servi della Carità:
R. – Finalmente,
il primo gennaio 2009 il governo congolese ha varato la legge sui minori. E’ stato
un passo importante. Questa legge ha permesso alle organizzazioni, soprattutto a quelle
che si occupano dei bambini di strada, di sensibilizzare il governo perché mettesse
in pratica questa legge. Ci sono voluti due anni, ed ora le organizzazioni umanitarie
sono riuscite ad ottenere – appunto – l’attivazione di questo tribunale dei minori
che attualmente è attivo nella capitale Kinshasa e in alcune grandi città della nazione
congolese.
D. – Quali sono le principali difficoltà, i problemi per i minori,
in particolare i ragazzi di strada del Congo?
R. – I maggiori problemi sono
chiaramente quelli legati agli atti di violenza che vengono perpetrati su questi ragazzi
e soprattutto che vengono perpetrati da parte di sette che si sono sviluppate in maniera
inverosimile su tutto il territorio congolese, in particolare nella capitale Kinshasa.
Sono molte e sono un po’ le fautrici del problema della “stregoneria” …
D.
– La povertà, l’ignoranza e – appunto – il fenomeno della stregoneria, il maltrattamento,
le violenze che questi ragazzi subiscono … Cosa fanno i guanelliani per portare sollievo,
amore e sostegno ai minori del Congo e di Kinshasa in particolare?
R. – Sicuramente,
l’accoglienza dei ragazzi: il primo lavoro che facciamo è l’educazione sulla strada
per cercare di rianimare un po’ questo cuore, portarlo sulla strada giusta, questo
cuore che è capace di incontrare i ragazzi per far sì che in qualche modo si sentano
capiti e compresi nella loro emarginazione, nella loro stigmatizzazione. Un ragazzo
considerato “sorcier”, stregone, in effetti, è un ragazzo comunque stigmatizzato dalla
società locale. Per cui, il primo nostro lavoro è sicuramente incontrare questi ragazzi,
cercare di orientare questi ragazzi verso i nostri centri di accoglienza dove iniziamo
a fare un lavoro di ascolto per cercare di comprendere che cosa realmente sia accaduto
all’interno del nucleo familiare, come mai si sono ritrovati sulla strada, e seguire
due percorsi: da una parte, il cammino di recupero e dall’altra un percorso per ricominciare
a riannodare con la famiglia alcuni legami che si sono in qualche modo interrotti.
Questo è il grande lavoro di mediazione che compiono alcuni nostri educatori e assistenti
sociali: ricontattare le famiglie, cercare una mediazione con le famiglie e una volta
instaurato un clima pacifico, di collaborazione, cercare di riportare il ragazzo in
famiglia. (gf)