Nei cinema italiani, il film di Faenza "Un giorno questo dolore ti sarà utile"
E’ uscito sugli schermi italiani “Un giorno questo dolore ti sarà utile” di Roberto
Faenza, tratto dall’omonimo e fortunato romanzo di David Cameron il cui titolo è tratto
da un versetto del poeta latino Ovidio. Nel film è messa a nudo la società americana
attraverso la vita difficile di un ragazzo che sembra disadattato e non trova nei
genitori alcun aiuto. Dopo un doloroso percorso, troverà il suo futuro e la sua serenità.
Un film positivo e pieno di speranza. Il servizio di Luca Pellegrini:
Roberto Faenza
è un pedagogo. Tiene moltissimo ai giovani e alla speranza che possono incarnare in
un mondo che, a suo dire, non sta più in piedi. Colpito profondamente dal romanzo
omonimo di Cameron, ha deciso di portarlo sullo schermo. Protagonista è James, un
adolescente intelligente e sensibile che vagabonda a New York mentre annaspa, cercando
un senso che la famiglia, in cui sono i genitori i veri disadattati, non riesce a
donargli. Troverà la sua strada e il suo futuro al termine di un doloroso percorso
di formazione. Abbiamo chiesto al regista che cosa l’ha particolarmente colpito del
romanzo da cui ha tratto la sceneggiatura:
R. - Mi ha colpito il fatto che
questo adolescente così irrequieto, così a disagio nei confronti della società che
lo circonda, è l’espressione a mio avviso di un tentativo di speranza, direi quasi
che è un atto d’amore verso il futuro. Un ragazzino a cui non piace il mondo che ha
di fronte, un mondo che sta andando a pezzi, una famiglia disgregata, un universo
che sta rotolando verso l’abisso e si oppone, pur senza avere una grande conoscenza
di quello che potrebbe essere il proprio avvenire, si oppone a questo mondo e quindi
cerca di costruirsi un suo universo, qualche cosa di più pulito, di più sano, dove
non ci sia solo il consumismo, il denaro e il successo a prevalere. E’ una figura
secondo me molto simile a tantissimi giovani, che vedo in giro per tutto il mondo.
D.
- Genitori e figli: un dialogo che il film affossa o aiuta?
R. - Io penso che
lo aiuti, eccome. Io penso che in realtà in questo film gli adolescenti, che per gli
adulti sono dei disadattati – così i genitori del nostro protagonista definiscono
il figlio – questi adolescenti sono molto più maturi dei genitori, perché i disadattati
e gli immaturi sono loro, che non accettano se stessi, non vogliono invecchiare, non
vogliono capire cosa è il senso dell’amore. Quindi penso che anche il nostro ragazzo
che nei loro confronti ha un totale dissidio, anzi direi veramente in aperto conflitto,
in realtà li guarda con amore perché capisce che hanno bisogno di qualche cosa, che
sono dei poveretti, che sono dei deboli, che non hanno coscienza di se, ed è molto
bello trovo da parte dei ragazzi avere questo atteggiamento di amore e di comprensione
nei confronti di adulti di cui assolutamente non condividono il percorso.
D.
- E i genitori, come reagiranno secondo lei alla visione del film?
R. – Io
penso che all’inizio non si riconosceranno e rimarranno forse un po’ irritati da questa
pellicola perché è crudele nei loro confronti. Però io penso sempre che all’interno
e in fondo all’animo umano, anche nelle persone più disgregate e più ciniche, ci sia
sempre qualcosa di buono, sono convinto che se guardano il film con attenzione alla
fine ne usciranno con un qualcosa in più. (bf)