Conferenza di Tunisi: tregua umanitaria in Siria. Presente la Santa Sede
Dichiarazioni di sdegno, ma sostanziale impotenza di fronte ai massacri in Siria.
E’ quanto ha caratterizzato la conferenza degli oltre 50 delegati dei Paesi ‘Amici
della Siria’ conclusasi ieri a Tunisi con la richiesta di un immediato cessate il
fuoco per un intervento umanitario. Ha partecipato, in qualità di Osservatore della
Santa Sede, mons. Michael Fitzgerald nunzio in Egitto. Tale partecipazione – ha detto
il portavoce vaticano padre Federico Lombardi – ha voluto manifestare la solidarietà
della Santa Sede a tutto il popolo siriano come già espresso dal Papa nell’Angelus
del 12 febbraio scorso con il pressante appello, rivolto soprattutto alle autorità
politiche siriane, a porre fine allo spargimento di sangue. C'è da dire che un gruppo
di manifestanti pro Assad ha tentato di assaltare la sede della conferenza. Inoltre
sul terreno non si fermano i combattimenti. Il servizio di Marina Calculli.
Il
vertice di Tunisi è stato considerato da Bashar Al Assad una sfida; non c’è il rischio
che possa, di fatto, provocare una reazione ancora più violenta del regime? Salvatore
Sabatino ha sentito Roger Bouchahine, direttore dell’Osservatorio Geopolitico
mediorientale:
R. – E’ chiaro
che il cessate-il-fuoco lascerebbe pensare ad un’azione militare da ambo le parti.
Invece, la situazione è molto delicata e molto diversa da come viene raccontata. Io
sono stato in Siria l’altro ieri, ho girato tutta Damasco: è chiaro che c’è una situazione
di forte intervento dei militari e dei servizi segreti nel Paese. Si parla di una
situazione completamente militarizzata da parte del regime. Per quanto riguarda l’obiettivo
della riunione di Tunisi è quello di fare arrivare gli aiuti, perché in diverse aree
la situazione è di un isolamento totale riguardo alle prime necessità della popolazione.
D.
– Pesa su questo vertice l’assenza delle delegazioni cinese e russa, che continuano
– dunque – a fare muro contro la comunità internazionale; un braccio di ferro, insomma,
che rallenta di molto le azioni proposte in sede Onu …
R. – Sicuramente, la
Russia basa la sua azione sul mantenimento del controllo sulla Siria per mantenere
le sue basi e quindi la sua strategia militare sul territorio siriano: questo ormai
è evidente, con la complicità della Cina. La Cina ha interessi economici, ha interesse
a mantenere l’alleanza contro l’Occidente, cioè contro alcuni Paesi europei e l’America
perché, come abbiamo visto, questo asse è orientato verso il Brasile e il Sud Africa,
e ci sono diversi Paesi che condividono questa posizione con la Russia e la Cina.
D.
– Il vertice di Tunisi è considerato da Bashar al Assad una sfida: non c’è il rischio
che possa, di fatto, provocare una reazione ancora più violenta da parte di Damasco?
R.
– Non esiste la possibilità che il regime possa essere ancora più duro di quanto lo
sia attualmente: nel senso che ha avviato tutta la sua macchina da guerra contro chiunque,
in qualsiasi città possa mettere in discussione l’attuale situazione. Sono testimone:
due giorni fa ero a Damasco. Ho girato nel quartiere Maz, del quale tutta la stampa
internazionale ha scritto che c’erano sconvolgimenti e che il regime rischiava di
cadere a causa delle manifestazioni … Io ho attraversato tutta Damasco, l’ho girata
completamente: traffico a dismisura, gente ovunque … Quando un regime riesce a mascherare
completamente e in tale misura la situazione, all’interno di una città come Damasco
e in particolare nei quartieri dove la notte c’erano stati veramente scontri violentissimi,
e il giorno dopo di tutto questo non appare nulla... questo mette paura. Io non ho
avuto paura che potessero esserci incidenti in corso; ho avuto paura per quanto il
regime sappia essere duro e riesca a mascherare la situazione.
D. – Bisogna
dire che questo vertice di Tunisi giunge a poche ore della denuncia dell’Onu per crimini
contro l’umanità nel Paese, e della nomina dell’ex segretario dell’Onu Kofi Annan
come inviato speciale. Quale potrà essere il ruolo di Kofi Annan?
R. – Tutto
questo ritardo da parte dell’Occidente, palese se si fa il confronto con la situazione
in Libia – io in questo momento sono in Libia, sono a Bengasi – se si considera come
sia stata trattata la situazione di Bengasi e come stiano trattando ora quella in
Siria, è chiaro che c’è un dislivello nel trattare certe situazioni. Quando hanno
voluto fare arrivare la Nato a Tripoli, hanno detto che Gheddafi aveva ucciso diecimila
persone, e fino a ieri hanno continuato a contare con il contagocce i morti in Siria:
ancora non hanno sfiorato i diecimila, perché probabilmente la propaganda partirà
soltanto quando si arriverà a diecimila. Io le posso garantire che il numero delle
persone morte in Siria ha superato le 40 – 50 mila, e per un semplice motivo: penso
solo alla gente che è stata “rapita” – non arrestata: rapita. Il rapimento è diverso
dall’arresto – raggiunge una cifra smisurata: si parla di centomila persone che sono
state prelevate dalle loro case, nelle strade, durante le manifestazioni, di cui ad
oggi nessuno conosce la sorte. Per questo io non vedo come il regime - senza nulla
togliere a tutto quello che Kofi Annan ha fatto nella sua storia - come possa aver
bisogno di trattare con lui per migliorare la situazione di morte che sta mettendo
in atto contro il suo stesso popolo. Vedo semplicemente che non si possono lasciare
al loro destino persone – uomini, donne, bambini e anziani – che hanno sacrificato
la loro vita in nome della libertà. (gf)