“È il ‘filo’ della carità e della sollecitudine dimostrate dai Romani Pontefici per
la nazione cubana” che unisce la visita a Cuba di Giovanni Paolo II e, ora, quella
di Benedetto XVI. A sottolinearlo, in un’intervista all'agenzia Sir, è il nunzio apostolico
mons. Bruno Musarò. Il Papa arriverà a Santiago de Cuba lunedì 26 marzo e si fermerà
nell’Isola fino a mercoledì 28. “Le attese - spiega il nunzio - sono numerose e ognuno
vorrebbe indirizzare al Papa una domanda, una supplica, o semplicemente poter stare
con lui anche solo per un attimo. Il programma della visita è molto denso: in due
giorni si deve conciliare non solo il pellegrinaggio del Papa al Santuario del Cobre
(a circa mille chilometri dalla capitale) in occasione del 400° anniversario del ritrovamento
dell’immagine della Madonna, ma anche compiere il gesto significativo di visitare
La Habana, dove sarà celebrata una Messa solenne nella piazza della Rivoluzione. Il
Papa, come in tutti i viaggi apostolici, viene a visitare la Chiesa pellegrina a Cuba,
viene a confermare i suoi fratelli cubani nella fede. La Chiesa da tempo si è mobilitata
per preparare questo grande evento, che tutti i cattolici speravano e per il quale
pregavano intensamente. Il viaggio apostolico di Giovanni Paolo II nel gennaio 1998
- ricorda mons. Musarò - ha lasciato un’impronta duratura. È bello ascoltare persone
che ricordano con gioia di aver assistito a una delle Sante Messe celebrate in diverse
città di Cuba o di aver avuto il privilegio di poter stare vicine al Papa o, addirittura,
di salutarlo. Tutti ricordiamo ancora le parole profetiche di Giovanni Paolo II: ‘Che
Cuba si apra al mondo e il mondo a Cuba!’. Proprio da quell’esortazione, pronunciata
davanti a migliaia di cubani e a milioni di telespettatori, scaturisce gran parte
dei cambiamenti che stanno caratterizzando la vita della nazione, incominciando dal
dialogo tra la Chiesa e il governo”. Il nunzio cita anche le riforme in “campo economico”
tra gli aspetti “più visivi e mediatizzati”, “mentre i cambiamenti più importanti
- aggiunge - sono quelli di cui nessuno parla e che si realizzano nel cuore e nella
mente di coloro che hanno accolto il messaggio di Giovanni Paolo II. In sostanza,
si tratta della speranza nel futuro dell’Isola, della gioia di sapersi amati e rispettati,
intraprendendo così un cammino di riconciliazione e d’impegno per il bene comune”.
(R.P.)