Scontri in Myanmar: appello di pace del vescovo di Banmaw
Mine antiuomo disseminate sul territorio e gravi epidemie che colpiscono soprattutto
i bambini: sono, questi, solo alcuni tra i problemi più urgenti per la popolazione
di etnia kachin, nel nord del Myanmar (sud-est asiatico) teatro dello scontro fra
le truppe governative e i ribelli del Kachin Independence Army (Kia). È quanto emerge
da un appello di monsignor Raymond Sumlut Gam, vescovo di Banmaw, che, a otto mesi
dall’inizio dei combattimenti invoca pace e riconciliazione. «Ora — evidenzia il presule,
citato dall'Osservatore Romano — gli sfollati sono oltre 57.000. La diocesi è fortemente
influenzata dalla guerra civile e le persone sono fuggite verso le città e le aree
di confine. Attualmente la nostra Caritas si prende cura di 13.500 sfollati interni
in diversi campi per rifugiati. Offriamo istruzione scolastica, vestiti, cibo, medicine,
formazione, sostentamento, cura pastorale e assistenza spirituale. Ma gli sfollati
nelle aree remote e di confine vivono in condizioni pessime, con limitati rifugi e
assistenza umanitaria». Il vescovo nota allarmato i problemi più gravi: «Negli ultimi
mesi sono scoppiate fra i bambini malattie respiratorie ma anche dissenteria, malaria
e tubercolosi, con forti rischi di mortalità». Inoltre i territori agricoli intorno
ai villaggi sono disseminati di mine antiuomo. Pertanto i rifugiati hanno paura di
riprendere una vita normale e il loro futuro è precario. Infatti, sebbene «i combattimenti
sembrino diminuiti di intensità, la popolazione è solo cautamente ottimista sulle
reali possibilità di pace». Il presule conclude invitando la comunità internazionale
e i Governi a fare pressioni sulle parti per la fine del conflitto, e per costruire
pace e riconciliazione». (T.C.)