Benedetto XVI ai parroci romani: siate umili e uniti
Tradizionale incontro quaresimale di Benedetto XVI con i parroci romani in Vaticano.
Il Papa ha tenuto, a braccio, una lectio divina incentrata sul Capitolo 4 della Lettera
di San Paolo agli Efesini. Il Pontefice ha esortato i sacerdoti ad essere umili e
a non cedere alle opinioni del mondo. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Il vescovo di
Roma incontra i parroci della sua diocesi. Un avvenimento ormai tradizionale, all’inizio
del periodo quaresimale, e che pure sa sempre offrire ai sacerdoti un’occasione di
rinnovamento nella fede. Il Papa ha espresso tutta la sua gioia nel vedere tanti parroci
riuniti assieme, li ha definiti “un forte esercito di Dio” pronto alle battaglie del
nostro tempo. Quindi, seguendo il testo della Lettera paolina, si è soffermato sulla
chiamata al sacerdozio:
“La grande sofferenza della Chiesa di oggi nell’Europa
e nell’Occidente è la mancanza di vocazioni sacerdotali, ma il Signore chiama sempre,
manca l’ascolto”.
Ecco perché, ha soggiunto, “dobbiamo essere attenti alla
voce del Signore” e capaci di accettare questa chiamata. Ha quindi sottolineato che
essere fedeli alla chiamata del Signore implica realizzare delle virtù necessarie,
in particolare l’umiltà, la mitezza e la magnanimità. Il Santo Padre si è soffermato
soprattutto sull’umiltà. Essere cristiano, ha detto, vuol dire superare la “tentazione
originale”, la superbia che è “la radice di tutti i peccati”. Parole corredate da
un’esortazione:
“Accettare questo, imparare questo e così imparare, accettare
la mia posizione nella Chiesa, il mio piccolo servizio come grande agli occhi di Dio.
E proprio questa umiltà, questo realismo rende liberi”.
Ancora, ha ribadito
che, dalla mancanza di umiltà, deriva anche la divisione della Chiesa. Se non siamo
umili, ha avvertito, siamo anche divisi:
“L’assenza dell’umiltà distrugge
l’unità; umiltà è una fondamentale virtù dell’unità e solo così cresce l’unità del
Corpo di Cristo: diventiamo realmente uniti e riceviamo noi la ricchezza e la bellezza
dell’unità”.
Un altro grande problema della Chiesa attuale, ha proseguito,
è la mancanza di conoscenza della fede, “l’analfabetismo religioso”:
“…e
con questo analfabetismo non possiamo crescere, non può crescere l’unità. Perciò dobbiamo
noi stessi appropriarci di nuovo di questo contenuto come ricchezza dell’unità e non
come un pacchetto di dogmi e di comandamenti, ma come una realtà unica che si rivela
nella sua profondità e bellezza”.
Di qui l’importanza dell’Anno della Fede,
ha detto il Papa auspicando un rinnovamento catechistico affinché la fede “sia conosciuta”,
Cristo “sia conosciuto”. Non ha poi mancato di criticare quei teologi secondo cui
Dio non sarebbe onnipotente perché esiste il male nel mondo. “Alla fine – ha avvertito
- non rimane la forza del male, ma rimane solo Dio”, questa è la nostra speranza:
“Che la luce vince, l’amore vince”. Ancora ha ribadito che i cristiani sono non violenti
e che non bisogna legare la difesa della verità al ricorso alla violenza. Nella parte
conclusiva della lectio divina, il Papa ha osservato che in questi ultimi decenni
si è fatto ricorso alla formula “fede adulta”, per dire “emancipata” dal Magistero
della Chiesa:
“Ma il risultato non è una fede adulta, il risultato è la
dipendenza dalle onde del mondo, dalle opinioni del mondo, dalla dittatura dei mezzi
di comunicazione, dell’opinione che tutti pensano e vogliono. Non è vera emancipazione”.
La vera emancipazione, ha avvertito, è invece proprio liberarsi da questa
“dittatura” delle opinioni del mondo. Solo “nella libertà dei Figli di Dio che credono
insieme nel Corpo di Cristo”, ha concluso, siamo veramente liberi e capaci di rispondere
alle sfide del nostro tempo.
Nel corso dell’incontro, il Papa ha consegnato
ai parroci prefetti il testo intitolato “Scelto da Dio per gli uomini”, pubblicato
dall’Edizione Paoline con una presentazione del cardinale vicario Agostino Vallini.
Si tratta, ha detto il porporato, di una “regola di vita”, frutto dell’Anno Sacerdotale.
Una traccia spirituale, una guida ideale offerto a tutti i sacerdoti romani “perché
crescano nella gioia della comune vocazione e nell’unità del sacerdozio”.