La scomparsa dello scienziato italiano Dulbecco riapre il dibattito sulla ricerca
in Italia
Cordoglio nella comunità scientifica internazionale per la notizia giunta ieri della
morte di Renato Dulbecco, Premio Nobel per la Medicina nel 1975, spentosi domenica
scorsa in California, dove viveva nei pressi di San Diego. Il servizio di Roberta
Gisotti:
Domani avrebbe
compiuto di 98 anni. Pionere negli anni ’60 nello studio del Dna finalizzato all'indagine
sui tumori, aveva condotto le prime ricerche a Torino, si era poi trasferito negli
Stati Uniti, per rientrare in Italia nel 1987 alla guida del Progetto Genoma Umano,
che ha permesso di ottenere la mappa completa del Dna: progetto internazionale che
si arena in Italia per mancanza di fondi pubblici. Nel ‘95 era tornato all’estero,
non senza amarezza per le condizioni critiche della ricerca in Italia. La sua morte
riapre ferite mai rimarginate sulla mancanza di progettualità e investimenti in settori
vitali per lo sviluppo di un Paese.
Il presidente della Repubblica, Giorgio
Napolitano, auspica ora che l’Italia “sappia, con coerenza, continuare” sulla strada
tracciata da Dulbecco e “valorizzare le proprie risorse intellettuali”. Dulbecco “resterà
- aggiunge il premier Monti - un punto di riferimento per coloro che, soprattutto
se giovani, decidono di dedicare la propria vita alla ricerca scientifica”. Proprio
pensando ai giovani, Dulbecco, 85.enne, era salito sul palco del Festival di Sanremo
per finanziare - con i proventi della sua partecipazione - il progetto "Carriere",
promosso da Telethon per favorire il rientro in Italia dei cervelli fuggiti all’estero.
“Curioso, rigoroso, ottimista”, “aperto all’integrazione dei saperi”: così lo ricorda
Luigi Nicolais presidente del Cnr. Un genio gentiluomo, sempre sorridente, l’immagine
Dulbecco impressa nel pubblico che lo aveva conosciuto sui media.