2012-02-20 14:13:37

Progetto Policoro: una risposta concreta della Chiesa italiana alla disoccupazione giovanile


Sono sempre più allarmanti i dati relativi alla disoccupazione giovanile in Italia. In questo contesto si inserisce il Progetto "Policoro". Dal 1995, anno della sua nascita, "Policoro" ha visto nascere 500 tra consorzi, imprese e cooperative dando lavoro a circa 4000 giovani. Mons. Angelo Casile, direttore dell’Ufficio per i problemi sociali e il lavoro Conferenza episcopale italiana, spiega al microfono di Cristina Bianconi quali sono le principali linee di intervento del progetto:RealAudioMP3

R. – Le principali linee di intervento sono tre. La prima è l’evangelizzazione, ossia evangelizzare il lavoro e la vita. Poi l’educazione ad una nuova mentalità nei confronti del lavoro, un lavoro che sia comunque attento alla dignità della persona. Infine l’esprimere impresa, far cioè scaturire innanzitutto l’imprenditoria personale - in modo che ogni giovane investa su se stesso - e far scaturire anche l’impresa come azienda, come cooperativa, dove più giovani che riscoprono se stessi, la loro dignità e libertà, mettendosi insieme, fanno germogliare questi segni di speranza sui loro territori.

D. – Avviato nel 1995 in Basilicata, Calabria e Puglia, il progetto coinvolge oggi sempre più regioni…

R. – Nasce come attenzione verso il Sud, perché la disoccupazione affligge maggiormente i territori del sud Italia. Il progetto, però, ha visto fin dall’inizio la partecipazione delle chiese del centro-nord in un rapporto di reciprocità: le chiese del nord danno cioè a quelle del sud l’esperienza nel costituire cooperative e nell’organizzare il lavoro, mentre quelle del sud ridonano alle chiese del nord quei tratti di ospitalità e di disponibilità che caratterizzano i territori del centro e sud Italia. L’attuale crisi ha ovviamente messo in discussione anche il sistema organizzativo del centro-nord, per cui sempre più diocesi settentrionali stanno chiedendo di poter aderire al progetto.

D. – Quali sono le principali aree di intervento?

R. – Innanzitutto restituire dignità alla persona. Poi, gli interventi sono tra i più variegati: vanno dal turismo sostenibile alla gestione dei servizi museali, dalle biblioteche diocesane alle cooperative agricole. Inoltre, il lavoro all’interno delle carceri, per permettere ai carcerati di recuperare la propria dignità attraverso il lavoro, l’assistenza agli immigrati ed alle persone malate. Gli interventi sono quindi i più diversi, proprio perché costituiscono la risposta ai bisogni locali.

D. – Quale consiglio si sente di dare ai giovani che, oggi, si trovano senza lavoro?

R. – Il primo consiglio è quello di non scoraggiarsi: il primo messaggio che diamo, come cristiani, è quello della fiducia e della speranza, perché il Signore non ci abbandona mai. Un altro consiglio è guardarsi attorno e mettersi quindi insieme agli altri, contattando magari gli Uffici della Pastorale sociale. Si potrà così scoprire di avere intorno altri giovani che, credendo in loro stessi ed essendo supportati dalle nostre diocesi, sono riusciti a dare un senso alla loro vita e anche a far scaturire un piccolo segno di speranza quale può essere l’apertura di una piccola cooperativa. La cooperativa può appunto rispondere ai bisogni del territorio, e poi dobbiamo anche pensare al recupero dei mestieri artigiani. L’importante è non pensare che il lavoro "venga dal cielo": il lavoro ce lo dobbiamo costruire guardando dentro al nostro cuore e mettendo a frutto l’intelligenza ed i talenti che il Signore ci ha donato. (vv)







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