Nigeria, forse i Boko Haram dietro l'ultima strage. Un Rapporto rivela: povertà in
serio aumento
Nella Nigeria sconvolta questa mattina da una nuova scia di sangue – con 30 morti
in un mercato, dopo uno scontro a fuoco tra soldati e probabili miliziani della setta
islamica dei Boko Haram, episodio che ha suscitato un appello alla pace da parte del
vescovo di Maiduguri, mons. Doeme – è in primo piano anche la questione della povertà.
L’ultimo rapporto del National bureau of statistics (NBS) del Paese afferma che "nonostante
la crescita dell'economia, la percentuale di nigeriani che vive in povertà è in aumento
ogni anno”. Secondo lo studio, la popolazione continua a impoverirsi nonostante la
crescita dovuta soprattutto alle attività legate al petrolio. In dettaglio, nel 2010
il 61,2% della popolazione viveva con meno di un dollaro al giorno, contro poco più
del 50% del 2004, anche se, secondo la Banca Mondiale, l’economia del Paese più popoloso
d’Africa - con circa 160 milioni di abitanti - è aumentata in media del 7,6% su base
annua tra il 2003 e il 2010. Gli analisti nigeriani ritengono che il predominio del
settore petrolifero nelle attività produttive sfavorisca i poveri, con l'abbandono
di altri settori produttivi tradizionali. Giada Aquilino ne ha parlato con
Vincenzo Giardina, redattore dell’agenzia Misna ed esperto di questioni africane:
R. – I dati
dell’Ente nazionale di statistica della Nigeria sono la fotografia di un fallimento.
La povertà aumenta nonostante la crescita economica sia forte, superiore negli ultimi
anni sempre al 7% della crescita del prodotto interno lordo, perché mancano politiche
capaci di garantire una redistribuzione della ricchezza. In sette anni, il tasso dei
poveri in termini assoluti – cioè di coloro che vivono con meno dell’equivalente di
un dollaro al giorno – è aumentato dal 54% a più del 60% della popolazione nigeriana,
e questo nonostante una crescita economica sostenuta. Un altro elemento importante,
rivelato dallo studio, è ancora l’incapacità delle istituzioni pubbliche di porre
rimedio a squilibri regionali che vanno allargandosi. A fronte di aree più sviluppate
– in particolare quelle che circondano la metropoli di Lagos, la principale città
della Nigeria, nel sudovest, dove il tasso di povertà assoluta è al di sotto del 60%
– ci sono zone, in particolare le regioni del nordest e del nordovest, dove si arriva
a livelli altissimi, che sfiorano l’80%. Un dato che ci è capitato di notare, insieme
ai missionari, ai vescovi – che sentiamo quotidianamente – e anche al nunzio apostolico
mons. Augustine Kasujja, è una certa coincidenza tra le regioni più povere del Paese,
come il nordest ed il nordovest, con le zone dove il gruppo armato Boko Haram è più
forte e ha colpito in modo più duro. Penso, ad esempio, alle stragi di Kano, la principale
città del nord, dove il 20 gennaio scorso una serie di attacchi coordinati ha provocato
più di 180 vittime, oltre 200 secondo alcune stime.
D. – Perché non si hanno
ripercussioni sulla società di questa crescita economica?
R. – Il mese scorso,
la Nigeria è stata spazzata da proteste di piazza. L’origine di tali movimenti è stata
l’abolizione, da parte del governo, dei sussidi pubblici che per anni avevano tenuto
bassi i prezzi della benzina. L’accusa al governo è sostanzialmente di voler applicare
in Nigeria le ricette neoliberiste che in Africa hanno fatto tanto male in diversi
Paesi. Poi, un altro elemento da tenere presente, quando si parla di Nigeria, è quello
di un paradosso strutturale. La Nigeria è l’ottavo produttore mondiale di petrolio,
ma importa il 90% del carburante che consuma. Non ha raffinerie. Cioè, le risorse
che sarebbero potute essere accumulate nei decenni grazie alle esportazioni di petrolio
non hanno permesso nemmeno la costruzione di raffinerie funzionanti. Quindi, c’è un
problema che può essere riassunto in una parola: corruzione. Che poi è l’altro grande
male contro il quale in gennaio migliaia di persone sono scese in piazza in Nigeria.
D.
– Abbiamo parlato del petrolio: ma qual è la situazione degli altri settori dell’economia,
per esempio dell’agricoltura?
R. – Diciamo che gli ultimi rapporti hanno sottolineato
un avanzamento dell’agricoltura in termini relativi. Però, proprio guardando agli
altri settori, un dato interessante soprattutto in questo momento è il crollo dell’industria
tessile nelle regioni semi-aride – per lo più musulmane – del nord; un crollo che
a partire dal 2009 è andato di pari passo all’intensificarsi degli attentati e degli
agguati contro le forze dell’ordine, ma anche contro obiettivi diversi: penso alla
strage nella chiesa cristiana di Madalla del Natale scorso. Viene da dire che verranno
tempi difficili per la Nigeria. Il giorno della diffusione del rapporto dell’Ente
nazionale di statistica, il presidente Goodluck Jonathan ha annunciato un piano per
l’occupazione che dovrebbe consentire in pochi anni la creazione di 370 mila posti
di lavoro: era un piano pensato soprattutto per le donne e per i giovani. Questo annuncio
esprime il timore, la consapevolezza di essere giunti a un momento di svolta, in cui
alcuni problemi devono essere risolti assolutamente. (gf)