Senegal: nuove proteste in vista delle presidenziali del 26 febbraio
Ancora proteste in Senegal, in occasione delle presidenziali del prossimo 26 febbraio.
Oggi, le urne sono aperte per i militari. Almeno 10 persone sono invece rimaste ferite
ieri, durante gli scontri scoppiati a Dakar. Nella capitale, per il quarto giorno
consecutivo, si sono svolte manifestazioni contro il capo di stato uscente Wade candidato
per la terza volta. La polizia ha arrestato uno dei suoi sfidanti, mentre tentava
di unirsi ai dimostranti. Sulla situazione, Eugenio Bonanata ha intervistato
Enrico Casale della rivista dei Gesuiti "Popoli":
R. - Questa
ricandidatura ha compattato l’opposizione, che si è ritrovata in un unico movimento
di contestazione duramente represso a più riprese negli ultimi tempi dalla polizia,
chiaramente su ordine del governo. Il movimento di opposizione sostiene che, dietro
questa ricandidatura, ci sia la volontà del presidente di candidare dopo sé il figlio.
Un po’ come è avvenuto in Egitto con Hosni Mubarak, che si diceva, volesse candidare
il figlio al momento della propria successione.
D. - C’è il rischio che la
situazione possa degenerare in violenza aperta?
R. - Il movimento di opposizione
è molto determinato. Non lascerà facilmente il campo alle forze presidenziali, che
comunque hanno un discreto seguito nel Paese. Difficile sapere se ci sarà uno scontro
aperto: tutti si augurano chiaramente di no. Non è impossibile in questo momento anche
perché gli animi sono fortemente surriscaldati.
D. - I protagonisti di questa
fase sono i giovani: come vivono in Senegal?
R. - Il Senegal è sempre stato
un Paese stabile. Un Paese abbastanza dinamico, ma anche un Paese povero che non può
offrire un’opportunità a tutti questi giovani, un po’ come è capitato nei Paesi attraversati
dai movimenti della "primavera araba". Sono giovani che non riescono a trovare degli
sbocchi in patria e cercano di emigrare. Quando ciò non è possibile, in patria hanno
di fronte solamente un futuro di miseria e quindi si ribellano. C’è da dire che se
si tratta di giovani spesso e volentieri con un alto livello di formazione, non di
rado universitario.
D. - Quali altri fattori incidono sulla situazione nel
Paese africano?
R. - Esiste anche un problema che è stato dimenticato dai mass
media: il problema della Casamance, la regione che confina con la Guinea Bissau abitata
da un’etnia diversa da quella maggioritaria del Senegal. Questo problema, che è un
problema annoso, si è riacutizzato con nuovi scontri. Anche questo può essere motivo
di instabilità per il Paese. L’augurio è che si ritrovi stabilità, politica innanzi
tutto, e quindi si riesca a gestire anche questa situazione di emergenza, scoppiata
da circa due o tre mesi.
D. - Secondo Lei, queste proteste si possono inserire
nel filone della "primavera araba"?
R. - Anche qui, non è facile dirlo. Certamente,
le "primavere arabe" hanno aperto una strada di consapevolezza dei diritti da parte
delle opposizioni, ma anche della società civile. Quindi, probabilmente, non c’è una
connessione diretta, tuttavia questi movimenti sono ispirati da un vento di democrazia
che sta soffiando in tutta l’Africa. (bi)