Siria: dall’Onu risoluzione di condanna per la repressione. Ancora violenze, preoccupazione
per i cristiani
Prima il segretario dell’Onu Ban Ki Moon che parla di “crimini contro l’umanità”,
poi l’Assemblea Generale che approva una risoluzione di condanna per la repressione
in atto. La Siria continua, dunque, a tenere banco nell’agenda diplomatica internazionale;
un interesse, però, che non placa l’offensiva contro le roccaforti della protesta.
Coinvolte, dopo Homs, Hama e Idlib, anche la regione meridionale di Daraa. Ed il bilancio
delle vittime è davvero drammatico: almeno 70 i morti nelle ultime ore. Il servizio
è di Marina Calculli:
Ed il futuro
in Siria è incerto anche per i cristiani presenti nel Paese. A lanciare l’allarme
è “Aiuto alla Chiesa che Soffre”, che rilancia le preoccupate dichiarazioni dell’arcivescovo
maronita di Damasco, mons. Samir Nassar. Salvatore Sabatino ha intervistato Marta
Petrosillo, portavoce della fondazione:
R. - I cristiani
sono molto preoccupati riguardo il loro futuro. Hanno davanti lo spauracchio dei rifugiati
iracheni, che dal 2003 - dall’inizio della guerra -, hanno trovato sicurezza in Siria
e soprattutto a Damasco. L’arcivescovo maronita di Damasco, l’ha definita “una sindrome
irachena”. Questa incertezza del futuro è talmente forte che non si sa cosa aspettarsi.
L’arcivescovo ci ha poi detto: “alla fine di ogni Messa i fedeli si dicono addio”,
proprio perché non sanno se si potranno nuovamente incontrare.
D. - Una situazione
molto difficile anche dal punto di vista sociale e soprattutto economico. Il vostro
Paese sta attraversando un momento davvero difficile…
R. - Il Paese attraversa
un momento difficile. La lira siriana ha ridotto di oltre il sessanta percento il
potere di acquisto dei cittadini, poi c’è l’embargo economico… Quindi la Chiesa si
trova a rispondere alle necessità dei cittadini, e il confessionale diviene un po’
il luogo del sostegno psicologico, oltre che del servizio pastorale. Le difficoltà
economiche hanno colpito soprattutto la gente comune; c’è un forte aumento della disoccupazione,
in più ci troviamo di fronte ad una grande penuria di gas, mancano l’elettricità,
il carburante… E il tutto è reso molto più complicato dalla rigidità dell’inverno.
D.
- In linea generale, possiamo dire che si sta lentamente scivolando verso una guerra
civile, con la comunità internazionale che però continua ad essere divisa sulla crisi
siriana..
R. – Come sappiamo, la comunità internazionale è divisa perché la
Russia ha dei legami con il regime di Assad, sia di carattere commerciale - sappiamo
di un commercio di armi -, sia perché il Porto di Tartus è uno degli sbocchi della
Russia, e questa vuole continuare ad utilizzarlo.
D. - La Siria è un Paese
diviso, diviso internamente. La Chiesa aveva un ruolo di mediazione tra le due fazioni
islamiche, quella sciita e quella sunnita. Potrà nel futuro, secondo Lei, continuare
a ricoprire questo ruolo?
R. - La Chiesa continua, nonostante le difficoltà,
ad invitare al dialogo, a cercare di mediare. Però il problema della Chiesa ora è
l’importanza della sua presenza. La Chiesa si chiede se ci potrà ancora essere un
futuro, e su questo ancora non ci possiamo esprimere. Ovviamente, come è giusto che
sia, la Chiesa non si schiera. Quello che spera è che finalmente il Paese possa raggiungere
una democratizzazione, e soprattutto, che sia garantita la sicurezza per i cristiani.
(bi)