Le difficoltà delle giovani coppie in un convegno sui primi anni del matrimonio alla
Lateranense
Costruire una famiglia duratura, che contribuisca al bene comune della società. Questi
i temi del dibattito che si è svolto alla Pontificia Università Lateranense di Roma,
nell’ambito del “Seminario di studi sui primi anni del matrimonio” promosso dal Pontificio
Istituto Giovanni Paolo II. Un’analisi sulle difficoltà delle giovani coppie in un
periodo di crisi non solo economica. Il servizio di Michele Raviart:
I primi anni
di matrimonio sono anni decisivi per la tenuta di una coppia e trovare un equilibrio
tra i tempi da dedicare alla famiglia e tempi da dedicare alla professione, in una
società in cui sempre più spesso entrambi i coniugi lavorano, rimane una delle prove
più difficili da superare. L’obiettivo deve essere quello di armonizzare i due aspetti,
che contribuiscono reciprocamente a dare dignità alla persona umana. Carl A. Anderson,
supremo cavaliere dei Cavalieri di Colombo:
"The question of balancing work
and family… La questione di trovare un equilibrio tra il lavoro e la famiglia
è qualcosa con cui ogni coppia sposata deve confrontarsi, specialmente nei primi anni
di matrimonio. Non c’è una soluzione immediata per quel problema. Quello che le giovani
coppie possono davvero fare è capire che hanno una vocazione al matrimonio e una vocazione
al lavoro e che entrambe quelle vocazioni sono radicate nella vocazione fondamentale
cristiana all’amore. Capiscono che c’è questa complementarietà alla base delle due
vocazioni, che renderà loro possibile una piattaforma dalla quale armonizzare i conflitti
quando si presenteranno".
Amore e lavoro erano già stati identificati da
Freud come i due poli entro i quali si configura l’identità adulta. Un binomio sempre
più difficile da realizzare contemporaneamente, in questo periodo di incertezza economica,
nel quale la famiglia sembra essere relegata in secondo piano. La prof.ssa Eugenia
Scabini, direttore del Centro studi e ricerche sulla Famiglia all’Università Cattolica
di Milano.
“La preoccupazione fondamentale è sul mondo del lavoro e il fare
famiglia è un obiettivo sempre più posposto nel tempo e vissuto fondamentalmente quasi
solo in termini di scelta rischiosa. Anche il sociale deve vivere la famiglia non
più in termini privatistici, ma come qualcosa di assolutamente importante per la società”.
A
essere in discussione è il concetto di “generatività”, cioè non solo il prendersi
cura dei propri figli, ma impegnarsi a favore delle nuove generazioni, trasmettendo
una progettualità sociale nel lavoro e nelle professioni. Ed è proprio la mancanza
di un progetto a lungo termine una delle caratteristiche riscontrate nelle giovani
coppie. Un’immagine superficiale della famiglia, rilanciata anche nei media e nei
prodotti d’intrattenimento. Il dott. Francesco Belletti, direttore del Cisf
di Milano:
“La coppia viene raccontata come un luogo della discontinuità,
dove il progetto di coppia non è mai un progetto per sempre, dove c’è grande istintività
che poi genera rovine. Ciò che invece va raccontato oggi è la possibilità di un progetto,
cioè la possibilità che due persone si promettano un impegno e siano capaci di generare
bene comune. Che vuol dire generare figli: vuol dire generare responsabilità sociale,
essere cittadini attivi in questo Paese”.
Un vincolo permanente che la
Chiesa sancisce col matrimonio, un Sacramento del quale spesso sono sottovalutate
le salvifiche implicazioni teologiche. Don Carlo Rocchetta, direttore del Centro
familiare “Casa della Tenerezza”di Perugia:
“Questa realtà della coppia
non si costruisce da soli: con il Sacramento delle nozze, gli sposi sono inseriti
nell’alleanza di Cristo con la Chiesa. Quindi, c’è la presenza dello Spirito. Ci sono
dei doni del Sacramento che sono un valore aggiunto. Gli sposi non sono soli, Cristo
cammina con loro. Bisognerebbe far riscoprire il significato teologico di questo Sacramento,
perché purtroppo lo si intende più come una benedizione lontana, una cerimonia, mentre
in realtà è un evento di grazia che trasforma il cuore degli sposi e li rende capaci
di amarsi come Cristo ha amato la Chiesa”.
E se “non si sposa solo una
persona, ma una relazione con una persona”, il completo dono di sé all’altro può essere
il solo modo per costruire una solida prospettiva di vita comune.(ap)