Dibattito sull'Ici: le riflessioni di Edo Patriarca, Paolo Beni e Giuseppe Frangi
Prosegue in Italia il dibattito sulle modifiche alle esenzioni Ici, annunciate dal
governo Monti. Se da una parte, si auspica una maggiore chiarezza nell’applicazione
della norma, dall’altra sono in molti a temere un aggravio sul mondo del no-profit,
già particolarmente colpito dalla crisi economica. Sui possibili risvolti delle misure
annunciate da Palazzo Chigi, Antonella Palermo ha intervistato Edoardo Patriarca,
già portavoce del Forum permanente del Terzo Settore, Paolo Beni, presidente nazionale
dell’associazione di promozione sociale Arci e Giuseppe Frangi, direttore del magazine
Vita.it.
D. - Edoardo Patriarca, un commento all’iniziativa del governo…
R.
– Mi sembra che la cosa più importante sia colpire gli abusi, un po’ come accade per
gli evasori fiscali. E’ vero che possono esserci enti non profit, ecclesiastici o
no, che, può darsi, abbiano abusato oppure che si siano travestiti da enti non profit
e svolgano attività commerciale in maniera commerciale profit e certo questi vanno
colpiti. Tutte le altre realtà, però, che sono tantissime - parliamo di 300 mila realtà,
censite dall’Istat, che sono piccole realtà, con sedi, con circoli, e che talvolta
svolgono anche attività commerciali; il circolo, per esempio, prevede il bar – svolgono
un’attività preziosa di coesione sociale di grandissimo rilievo. Colpire queste realtà
vuol dire uccidere un po’ il Paese, farlo morire.
D. – Poi c’è il discorso,
di cui spesso ci si dimentica con un accanimento probabilmente eccessivo, che la Chiesa
già paga l’Ici...
R. – Sì, questo è sgradevole, e mi sembra che sia dar spazio
ad una polemica costruita volutamente da una minoranza presente in Parlamento e anche
da alcuni media compiacenti, non conoscendo i dati in realtà, creando davvero dei
casi che neppure esistono.
D. - Paolo Beni, non vede un accanimento
informativo nei confronti della Chiesa?
R. – Non c’è dubbio. Si rischia veramente
di fare una tempesta in un bicchier d’acqua. Penso che questa polemica, in parte alimentata
anche dall’informazione, si basi sul nulla. Se i beni di proprietà della Chiesa venivano
gestiti nel rispetto delle regole, per la parte adibita ad attività commerciali, già
dovevano pagarlo. Da quello che riportano i giornali, per noi non cambia un gran che,
perché noi fino ad oggi abbiamo sempre usato l’esenzione dall’imposta soltanto per
quelle parti degli immobili adibite ad attività esclusivamente non commerciali, anche
su frazioni di immobili, con un grosso limite, perché dei 5000 circoli Arci in Italia
solo una minoranza sono proprietari degli immobili. Quindi, in tutti gli altri casi
l’imposta si versa. Queste limitazioni, dunque, le condividiamo. Se invece venisse
meno anche questa agevolazione, per quelle parti esclusivamente non commerciali, penso
sarebbe una scelta grave e sbagliata.
D. - Giuseppe Frangi, quale commento
alla proposta governativa?
R. – Se resta in questi termini è una correzione
di rotta legittima. La cosa che ci preoccupa sempre è l’idea che l’esenzione Ici sia
un privilegio. Non è un privilegio, è semplicemente una delle pochissime misure che
oggi in Italia esistono per aiutare chi svolge un’attività di associazionismo o attività
di culto - e mi riferisco soprattutto agli oratori – che sono iniziative fondamentali
e danno un valore aggiunto enorme al nostro Paese, non quantificabile.
D. –
Si può dire che quando il non profit fa comodo lo si elogia e quando invece è considerato
un peso lo si penalizza...
R. – Diciamo che lo si elogia sempre a parole, ma
quando si tratta di decidere lo si penalizza. Lo abbiamo visto con l’emergenza del
freddo: se non c’erano i volontari, tanti paesi sarebbero rimasti molto isolati. Quindi,
le parole buone si trovano sempre, ma a livello di decisione, essendo un mondo molto
variegato e non essendo così aggressivo, non riesce a fare lobby come tanti altri
mondi e risulta sempre penalizzato. (ap)