20 anni da Mani pulite. I pm: la corruzione ancora dilaga. Pasini: occorre cambio
culturale
Vent'anni fa, si apriva Mani pulite la più clamorosa inchiesta giudiziaria italiana
che avrebbe spazzato via la "Prima Repubblica" con i suoi partiti storici Dc e Psi,
smascherando, attraverso il sistema delle tangenti, una rete capillare di corruzione,
concussione e finanziamento illecito ai partiti ai livelli più alti. Due anni di indagini
portarono a circa tremila arresti e a 1.300 fra condanne e patteggiamenti definitivi.
Due decenni più tardi, magistrati e istituzioni, da ultima la Corte di Conti, traggono
la stessa conclusione: la corruzione permane, anzi è aumentata. “Occorre approvare
al più presto il decreto in materia”, dice il presidente del Senato, Renato Schifani.
Ma la questione è culturale o legata ad una volontà politica? Gabriella Ceraso
ne ha parlato con Nicola Pasini, responsabile del settore etica e politica
del Centro studi Politeia di Milano:
R. – Credo sia
una questione sistemica culturale, che affonda proprio anche nelle radici del comportamento
della società italiana. I comportamenti hanno a che fare con l’etica. L’etica dovrebbe
tornare a essere insegnata nelle scuole come comportamento che va tenuto dai cittadini.
D.
– Dunque, come valuta le affermazioni dei magistrati e anche quelle dell'on. Di Pietro,
che oggi dice: “I politici, ma anche gli imprenditori allora non vollero correggere
il sistema”...
R. – Certo, c’è una responsabilità di diversi settori: il ceto
politico affronta questo tema nel momento in cui è di moda e poi se ne dimentica il
giorno successivo, mentre la società civile rimane più o meno sonnacchiosa rispetto
a questo. Dopo di che, lo Stato nelle sue articolazioni, non aiuta: abbiamo una giustizia
civile lentissima, una giustizia amministrativa lentissima e una pubblica amministrazione
che diventa un nuovo lavoro per un’impresa. Devo dire che il governo Monti sta andando
in questa direzione di modifica dei piccoli comportamenti nella quotidianità. Poi,
c’è tutto un discorso che ha a che fare con la semplificazione da parte della pubblica
amministrazione, che incentiva sostanzialmente le imprese e anche i cittadini a fare
la propria parte e anche a credere nel sistema. C'è stato forse un deficit di credibilità
nei confronti del sistema. Invece, ora sembra ci sia un tentativo di dire “rialziamo
la testa e facciamo la nostra parte per stare in Europa, ma soprattutto per essere
orgogliosi di essere italiani.” Credo che questo sia molto importante.
D. –
Tornando a “Mani pulite”, che cosa salva di quello che è stato?
R. – Non è
stato un momento in cui abbiamo fatto gli esami di coscienza nei confronti di noi
stessi, ma abbiamo invece portato ad una estremizzazione in termini di tifo tra coloro
che avevano ragione e coloro che avevano torto. E non si è fatto nulla dal punto di
vista culturale, per prevenire fenomeni di corruzione. Se noi agiamo solo sulla terapia
ma non sulla prevenzione – attraverso codici etici, effetti sulla reputazione, comportamenti
quotidiani da parte di tutti noi, nelle professioni come con i cittadini – ritengo
che il tentativo solo riparatore, terapeutico, non abbia molto successo.
D.
– Contro la corruzione, oggi il presidente del Senato reclama al più presto il decreto
che è fermo alla Camera. Secondo lei, potrebbe essere veramente un testo significativo
in questo ambito?
R. – La politica, quando è messa alle strette, e quindi deve
elaborare qualcosa, a volte rischia di farlo proprio perché indotta dalla contingenza.
Quindi, non sono così sicuro che l’esito sia virtuoso. Aspettiamo il testo e poi cercheremo
di giudicarlo. (bi)