2012-02-15 19:02:43

Celentano contro i giornali cattolici. I commenti dei direttori Tarquinio e Sciortino e del prof. Morcellini




''Quando l'ignoranza prende il microfono per diffondere il suo messaggio è doveroso replicare, con serenità e rispetto delle persone, per amore della verità''. Così il Sir, agenzia dei vescovi italiani, giudica l’esibizione di Adriano Celentano nella puntata d’esordio di ieri del 62.mo Festival di Sanremo. Reazioni si sono registrate a vari livelli, specie per l’attacco del cantante ai giornali cattolici, in particolare Avvenire e Famiglia Cristiana, accusati di “ipocrisia e di parlare di politica e non di Dio’’. Per il Copercom, “Avvenire e Famiglia Cristiana rappresentano un pezzo di società civile, preti e frati compresi, che merita semplicemente rispetto''. ''Per la Rai che si vanta ad ogni pie' sospinto di essere la più alta espressione del servizio pubblico, quella di ieri sera – scrive in una nota Domenico Delle Foglie, presidente del coordinamento delle Associazioni cattoliche per la Comunicazione - è stata un'occasione sprecata”. E Sanremo ormai, è opinione diffusa, non sembra più essere luogo dove ascoltare musica. Luca Collodi ha intervistato Marco Tarquinio, direttore di Avvenire RealAudioMP3

''Di tutto ci si puo' accusare ma non di non parlare di Dio''. Con queste parole il direttore di Famiglia Cristiana don Antonio Sciortino replica alle parole rivolte ieri da Adriano Celentano al periodico da lui diretto. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato RealAudioMP3

Dal punto di vista della comunicazione sociale, l'intervento di Celentano a Sanremo che riflessioni può far fare? Luca Collodi lo ha chiesto a Mario Morcellini, direttore del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale dell’Università La Sapienza di Roma RealAudioMP3

.R. – La prima considerazione è sul piano strettamente comunicativo. Per come sta funzionando la comunicazione in Italia – e cioè malissimo – occorre dire che Celentano è perfettamente organico: la sorpresa, l’agguato agli spettatori, tutto quello che prepara un evento televisivo, devo dire che dal punto di vista della spettacolarità non c'è niente da dire. Il problema cambia se si affronta la questione dei contenuti e anche dei modelli culturali che rappresenta Celentano in questo momento, e devo dire ieri in particolare, perché in altre occasioni aveva suggerito anche analisi e, forse, prospettive diverse. Ieri, l’attacco ai giornali cattolici – mi soffermo solo su quelli – è stato del tutto impensabile e folle, soprattutto per l’impatto sul ruolo che questi giornali hanno nella vita sociale. E’ come se, a parità di condizioni, senza conoscere i contenuti – perché altrimenti alcune di quelle frasi non sarebbero state dette – ci fosse stato una specie di agguato premeditato: probabilmente con l’idea che in questo momento i "salotti buoni" della comunicazione e i potentati della comunicazione avrebbero gradito un attacco contro la Chiesa.

D. – Professor Morcellini, l’episodio di Sanremo di ieri sera ci dimostra quanto sia in crisi il modello comunicativo, che rispecchia un modo di pensare e una cultura di un Paese…

R. – Mi sembra addirittura di poter dire che è fuori controllo, nel senso che uno dei problemi che ha questo Paese è di non accorgersi di quale sia la disposizione dei poteri reali, i cosiddetti “poteri forti”. La comunicazione è diventata intoccabile, i conduttori televisivi possono dire qualunque cosa, inventare qualunque personaggio politico… E noi abbiamo ripetute prove che soggetti semisconosciuti sono diventati sindaci, presidenti di Regione e forse anche qualcosa di più. Direi che Celentano rappresenta, da questo punto di vista, la prova di quello che sta succedendo nel mondo della tv: lui è più forte di qualunque regola circostante, è più forte anche delle reazioni del pubblico, anche se io credo che da ieri il processo di riconsiderazione sul personaggio comincerà più severamente che in passato.

D. – La vicenda di Celentano a Sanremo di ieri è la rappresentazione di un populismo che avanza contro tutto e tutti oggi in Italia, per una crisi di valori, di partiti e forse anche della democrazia più in generale?
R. – E’ una somma tra populismo e public ignorance, della quale – purtroppo – i media, che ci avevano promesso di aumentare i saperi di tutti, sono diventati i principali responsabili. Non è un caso che le istituzioni come la scuola e l’università siano sotto attacco. Non è un caso che gli investimenti sulla cultura siano in declino: tutto si sta spostando su una parvenza di intrattenimento pubblico, di gioco, che alla lunga significa recidere le basi stesse della società. Non a caso, l’aspetto fondamentale del nostro tempo è la sfiducia e l’incattivimento nei confronti degli altri.

D. – C’è qualcuno che ha interesse a mantenere questa situazione?
R. – Io direi che più che un interesse sembra essere incapacità culturale di usare sapientemente il proprio ruolo. Io penso che in questo Paese sia arrivato il momento di riflettere attentamente sul potere che abbiamo lasciato gestire agli uomini della comunicazione.













All the contents on this site are copyrighted ©.