Pakistan: lo sforzo del governo per salvare i cooperanti ostaggio dei talebani
Il governo del Pakistan “condanna con forza il rapimento dei due cooperanti europei
dell’Ong ‘Welthungerhilfe’ che sono in mano ai Talebani. Il Paese è impegnato nella
lotta al terrorismo e farà del suo meglio per ottenerne il rilascio e la loro salvezza.
Come Ministero per l’Armonia, segnaleremo nuovamente il caso al Ministero degli Interni,
chiedendo il massimo sforzo”: è quanto dichiara all’agenzia Fides il cattolico Akram
Gill, Ministro di stato federale per l'Armonia e le minoranze religiose. I due operatori
umanitari occidentali rapiti a Multan a gennaio sono l’italiano Giovanni Lo Porto
e il tedesco Bernd Johannes. Attualmente sono prigionieri dell’organizzazione terrorista
del “Tehrik-e-Taliban Pakistan” (Ttp). Secondo informazioni filtrate dal gruppo, i
due stanno bene e, secondo gli osservatori, presto potrebbe arrivare una richiesta
di riscatto. In un colloquio con l’agenzia Fides Mehdi Hasan, membro del consiglio
direttivo dell’Ong “Human Rights Commission of Pakistan” (Hrcp) spiega: “I talebani
rapiscono gli operatori umanitari soprattutto perché temono l’opera di coscientizzazione
che le Ong compiono nel Paese. Si sentono minacciati dal lavoro sociale ma soprattutto
culturale: la loro capacità di influire sulla mentalità della gente, sulla stima che
possono generare verso la società civile, verso una idea di tutela dei diritti che
le Ong promuovono, questo lavoro può intaccare la loro ideologia estremista. Come
Ong siamo attenti a monitorare la situazione. Continuiamo a fare pressioni sul governo
perché aumenti lo standard del rispetto dei diritti umani e la protezione degli operatori
umanitari”. A dicembre scorso Zarteef Afridi, coordinatore della Hrcp nella provincia
di Khyber è stato ucciso per il suo impegno nel campo dei diritti umani. “Con rapimenti,
omicidi e intimidazioni, le Ong estere lasceranno il Paese e questo è quello che i
Talebani vogliono” conclude Hasan. Fra i recenti rapimenti operati da gruppi talebani,
si registrano, nel gennaio scorso, anche quelli di un operatore umanitario del Kenya
in Sindh e di un inglese della Croce Rossa a Quetta. (R.P.)