Prima Giornata mondiale della radio. Padre Lombardi: siamo voce di speranza e di libertà
nel mondo
“Una radio libera, indipendente e pluralista è essenziale per le società sane ed è
di vitale importanza per la promozione dei diritti umani e delle libertà fondamentali”.
È una delle considerazioni contenute nel messaggio del direttore generale dell’Unesco,
Irina Bokova, scritto per l’odierna e prima Giornata mondiale della radio. Una celebrazione
che ha in Pisa la prima città scelta per celebrare l’evento in Italia, ovvero nel
luogo in cui oltre cent’anni fa Guglielmo Marconi costruì la stazione intercontinentale
di Coltano. Alessandro De Carolis ha domandato a padre Federico Lombardi,
direttore generale della Radio Vaticana, quali “sentimenti” susciti questa Giornata
in una emittente come quella pontificia che trasmette praticamente da quando la radiofonia
fu inventata:
R. – La sensazione
è quella di far parte di un’epoca nuova; di aver accompagnato, con il nostro lavoro,
il nascere di un tempo in cui la comunicazione umana, grazie alla radio, ha raggiunto
– diciamo – uno stadio nuovo, più intenso, più pervasivo, più rapido. Realmente nella
storia dell’umanità noi ricordiamo l’invenzione della stampa come una tappa estremamente
importante, così anche l’invenzione della radio diventa un modo nuovo attraverso cui
la comunità umana può comunicare, può unirsi, può dialogare. Ci sono tanti aspetti,
quindi, positivi di questa grande scoperta e dell’inizio dell’uso di essa nella radiofonia
che vanno continuamente valorizzati per una crescita dell’umanità come comunità.
D.
- La radio “sorella povera” della televisione: un adagio del passato che il presente
in parte sconfessa, dal momento che i dati di ascolto danno il mezzo radiofonico in
netta crescita e quelli televisivi in diminuzione. A cosa si deve, secondo lei, questa
tendenza?
R. – Bastano delle considerazioni molto pratiche: vedere come la
radio è flessibile come media; vedere come può essere ascoltata in tanti momenti della
nostra giornata, in tante situazioni della nostra vita, in cui non è possibile fare
ricorso ad altri media scritti o visivi. Bisogna poi pensare anche che permette un
genere di comunicazione un po’ suo, diverso da altri medium, tendente all’approfondimento:
la radio evita le degenerazione della spettacolarità che abbiamo nella televisione:
queste discussioni forsennate, prive di rispetto dell’uno e dell’altro. Nella radio
cerchi, invece, l’ascolto e cerchi di sviluppare anche un discorso più approfondito
e più prolungato, di cui tante persone sentono il desiderio e la mancanza anche nella
nostra cultura. Io penso, per esempio, ai tanti ascoltatori notturni, alle persone
malate, alle persone non vedenti: la radio è un modo di avvicinarsi all’anima delle
persone e che rimane di un grandissimo valore. Inoltre, non dimentichiamo che la radio
è il medium che usa la musica come forma di arte a sé congeniale e sappiamo quanto
la musica sia importante nel mondo di oggi per la comunicazione, in particolare delle
giovani generazioni, ma un poco di tutti. Tra l’altro la radio è anche un mezzo che
non richiede degli investimenti colossali e quindi è più alla portata di iniziative
di comunicazione locali, molto distribuite nei vari luoghi, in Paesi più poveri e
così via. Quindi sono tanti i motivi per cui la radio continua ad essere un medium
con delle sue possibilità specifiche e che ne spiegano l’attualità.
D. – Proprio
ieri, la Radio Vaticana ha festeggiato 81 anni di età, concludendo idealmente l’anno
giubilare dell’ottantesimo. Che bilancio si può fare di questi mesi?
R. – Per
noi, è stata una grande occasione per ripercorrere la nostra storia, riflettere su
di essa e quindi anche sulla nostra missione: sul servizio cioè che i Papi ci hanno
affidato per il bene della Chiesa e dell’umanità, diffondendo i loro messaggi che
sono messaggi di servizio del Vangelo, di servizio degli uomini, che attraversano
situazioni molto diverse. In 80 anni abbiamo passato grandi tragedie e momenti esaltanti:
pensiamo alla Guerra mondiale, pensiamo al Concilio Vaticano II... Di questo ne abbiamo
fatto oggetto della nostra riflessione e della nostra comunicazione, mettendo a disposizioni
di popoli estremamente diversi, con tante lingue diverse, per tante culture diverse,
dei messaggi sempre intesi al bene dell’umanità, alla comprensione reciproca, alla
speranza e alla pace. E questo noi intendiamo continuare, anche se cambiano le situazioni
e i problemi: noi vogliamo essere una voce di speranza, di saggezza ispirata dal Vangelo
in appoggio al magistero del Santo Padre.
D. – Sotto la pressione inarrestabile
dell’evoluzione tecnologica, oggi “fare radio” ha modalità lontane anni luce dai
tempi di Marconi. È possibile – nell’era multimediale, del “condividi tutto e subito”
– mantenere comunque un’identità specifica?
R. – L’identità specifica nostra
dipende dalla missione, da quello che noi vogliamo dire, dall’ispirazione del messaggio
e dai suoi contenuti. Naturalmente, però, i linguaggi con cui questo viene fatto,
e gli strumenti evolvono rapidamente e noi continuiamo a chiamarci radio e siamo sostanzialmente
una radio, ma una radio che evolve nel mondo della multimedialità e della convergenza
digitale: per cui continuiamo a chiamarci Radio Vaticana, ma pubblichiamo testi scritti
su Internet, facciamo video news, abbiamo sviluppato un player per cui mettiamo in
diretta le immagini che riceviamo dal Centro Televisivo Vaticano. Siamo quindi entrati
completamente in un mondo che non è strettamente e semplicemente quello della radiofonia
e, a volte, la gente non si rende conto facilmente di questo: noi continuiamo quindi
a chiamarci Radio Vaticana, ma non siamo più semplicemente una radio, anche se conserviamo
un’attenzione e una capacità ad un tipo di comunicazione che ha un linguaggio rapido,
che è centrato anche sulla tempestività e sull’attualità e che cerca – questo è molto
importante – di tradurre rapidamente nei termini e nelle lingue delle diverse culture
i messaggi che la Chiesa vuole dare al mondo di oggi.
D. – Con la loro capacità
di arrivare ovunque, superando barriere naturali o umane, le onde radio sono un simbolo
di libertà. Quella libertà che la Radio Vaticana ha servito e difeso, quando la voce
del Papa o quella della Chiesa sono state in pericolo. Come individua questa missione
nel presente e nel prossimo futuro della Radio Vaticana?
R. – Io sento molto
alcune priorità anche nell’attività specificatamente radiofonica della Radio Vaticana,
ad esempio l’Africa, ad esempio il Medio Oriente: aree che sono critiche o per problemi
relativi al loro sviluppo o per problemi relativi alla pace e alla guerra. Per queste
aree noi dobbiamo continuare ad essere particolarmente presenti e per queste aree
spesso l’onda radio rimane una delle vie più solide, che non possono essere interrotte,
per raggiungere tante persone che altrimenti non avrebbero la possibilità di ascoltare
un messaggio come avveniva anche in decenni passati. La vocazione della Radio Vaticana
come voce per la libertà, per il sostegno di coloro che soffrono, per il sostegno
dei poveri, per il sostegno delle persone perseguite, rimane essenziale. Purtroppo,
la storia del mondo continua a presentare questi problemi e noi ci sentiamo particolarmente
sfidati da questi problemi. (mg)