Grecia: varate le misure di austerità, più di 100 feriti negli scontri ad Atene. Elezioni
anticipate ad aprile
Si contano i danni il giorno dopo le proteste di piazza che hanno sconvolto Atene:
oltre 40 gli edifici dati alle fiamme, mentre il Parlamento ha approvato, nella notte,
le pesanti misure anticrisi. Più di 100 i feriti negli scontri con la polizia. Adesso
il Paese ellenico potrà accedere al nuovo prestito da 130 miliardi di euro concordato
con L’Ue, La Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale. Intanto oggi
è stato annunciato che le elezioni anticipate si terranno probabilmente ad aprile.
Massimiliano Menichetti:
Mai fino
ad ora Atene era stata devastata a tal punto dalle proteste. Nel giorno, difficile,
dell’approvazione delle misure economiche anticrisi da 3,3 miliardi di euro chieste
dalla Troika che di fatto impongono sacrifici pesantissimi alla popolazione (si parla
anche di 15mila licenziamenti nel settore pubblico, tagli agli stipendi, alle pensioni
e alla difesa), la capitale ellenica è stata incendiata dai gruppi violenti: palazzi,
cinema, bar, banche e autoveicoli sono stati dati alle fiamme. Manifestazioni anche
a Salonicco, seconda città del Paese. Scontri corpo a corpo si sono registrati ad
Atene. Lanciate bombe artigianali, contro la polizia che ha risposto con cariche e
lacrimogeni, mentre migliaia di manifestanti hanno assediato piazza Syntagma davanti
al Parlamento che questa notte ha votato a favore della legge che introduce le misure
di austerità. 278 i parlamentari presenti, 199 i “sì” al piano concordato con l’Ue,
il Fmi e la Bce. 74 i “no”, “allontanati” i 40 parlamentari di maggioranza che non
si sono allineati. Presto dunque arriveranno nel Paese 130 miliardi di euro, serviranno
ad arginare il rischio di insolvenza e tenere ancorata la Grecia all’Euro. Il premier
Lucas Papademos e di fatto tutti i leader di partito hanno lanciato appelli alla calma
e condannato le violenze. Circa 40 gli arresti, 60 i feriti; ma questa mattina Twitter
mostra ancora colonne di fumo.
Massimiliano Menichetti ha raggiunto
telefonicamente ad Atene Antonio Ferrari editorialista del Corriere della Sera:
R. - Si è avuta
l’immagine totale di questa situazione a dir poco tragica e cioè da una parte il Parlamento
che ha dovuto approvare questo pacchetto di “lacrime e sangue”, perché come ha detto
il primo ministro tecnico Papademos: “se non viene approvato, non saremo in grado
di pagare stipendi e pensioni, di far vivere gli ospedali, di far vivere le scuole
e soprattutto di comprare quello che ci serve dall’estero”. Dall’altra parte, c’è
una piazza di gente fatta di tre livelli. La gente che per la prima volta forse andava
in piazza, quella maggioranza silenziosa e quasi rassegnata; poi la gente arrabbiata
perché non ce la fa più; infine, ci sono i facinorosi, quelli che si staccano da un
corteo, dalla protesta, che mettono il passamontagna e che cominciano ad attaccare
e a devastare la città.
D. – Atene però sembra entrata in un vicolo cieco.
Da una parte è obbligata a seguire la via delle restrizioni, dall’altra i manifestanti
in piazza. Ma cosa si cerca, la caduta del governo?
R. – E’ chiaro che il governo
sta un po’ in bilico. Probabilmente prima o poi cadrà da solo in quanto alcuni partiti,
tra cui Nuova Democrazia, che è il primo responsabile della situazione di oggi, avendo
truccato i conti inviati a Bruxelles, desidera le elezioni; ma ci sono altri che vorrebbero
le elezioni, forse meno il Pasoq, che è in caduta libera. La sinistra radicale vuole
queste elezioni. Il primo ministro tecnico però dovrebbe scegliere, i suoi ministri
e non farseli imporre dai partiti. Comunque il governo, in fondo, ha fatto quello
che doveva, il necessario per cercare di allontanare lo spettro della bancarotta.
Adesso si potrà respirare un po’, per qualche mese, forse per un anno, ma dopo che
cosa accadrà? Un Paese, dopo tre anni di recessione, è in grado di ripartire, quando
addirittura gi stipendi base sono stati tagliati del 22 per cento dopo tutti i tagli
che erano stati operati precedentemente? Sono queste le domande che si pone la gente.
E’ chiaro che i facinorosi, i “Black Bloc”, che sono poche centinaia, sfruttano la
rabbia della gente, gente esacerbata, gente che non ne può davvero più e che si ribella
alla classe politica. I facinorosi sfruttano questa situazione senza un preciso obiettivo,
se non quello del “tanto peggio, tanto meglio”. E la popolazione a questo punto dice:
che cosa possiamo fare? Come potremmo sopravvivere? Sono queste le domande sociali
di oggi in Grecia.
D. – Le persone, in sostanza, vivono una profonda incertezza?
R.
– Assolutamente sì, profonda incertezza, anche perché questo è un popolo molto orgoglioso,
con un grande senso dell’orgoglio nazionale, forse più di altri. Se la gente avesse
la certezza che queste misure fossero sufficienti per far ripartire il Paese, per
uscire dalla crisi, farebbe questi sacrifici senza protestare o comunque protestando
in maniera assolutamente civile. Ma visto che non c’è questa convinzione, c’è chi
dice: “cosa li facciamo a fare se dopo non servirà a niente”? Però se si fossero lasciate
le cose come erano, se si fosse votato “no” ai provvedimenti anticrisi, oggi, molto
probabilmente, ci sarebbe quello scenario da incubo di cui parlava il premier Papademos.
Quindi è veramente un vicolo cieco, forse l’errore è stato all’inizio, un po’ troppo
presuntuosamente, pensare di avere le strutture adatte per entrare nell’Euro. (bf)