Ricorre oggi l’83.mo anniversario dei Patti Lateranensi, lo strumento legislativo
siglato tra l’Italia e la Chiesa cattolica l’11 febbraio del 1929 che sancì la nascita
dello Stato della Città del Vaticano e portò a compimento il cammino di conciliazione
tra i due soggetti iniziato subito dopo la creazione dello Stato unitario italiano
e la presa di Porta Pia. Per l’occasione, l’Osservatore Romano ripropone una lettura
degli eventi che portarono alla firma dello storico trattato, inserendolo nel lungo
percorso dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa segnati “più nel senso della continuità
che in quello della rottura”, come dimostra la promulgazione della Legge delle Guarentigie
del 13 maggio 1871 che si propose di risolvere subito il problema all’indomani della
presa di Roma del 20 settembre del 1870. Secondo il quotidiano della Santa Sede i
Patti Lateranensi segnarono, quindi, lo sviluppo di un’idea che fu ulteriormente evidente
con l’avvento della Costituzione repubblicana del 1948, “basata su una distinzione
tra gli ordini – quello politico e quello religioso – come antidoto ad ogni assolutizzazione
della politica così come ad ogni fondamentalismo ideologico o religioso”. “La revisione
del Concordato del 1984 – aggiunge l’Osservatore Romano - esprime il momento di più
alto di questo percorso di indipendenza e sovranità nei rispettivi ordini”. Grande
risalto alla ricorrenza della firma dei Patti Lateranensi viene data anche sul numero
di oggi del quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana, Avvenire, che pone l’accento
sugli effetti benefici apportati dal trattato alla società civile italiana. La Chiesa
e la fede cattolica hanno, infatti, plasmato il sentire della comunità nazionale prima
ancora che avvenisse l’unità politica del Paese. E anche durante il fascismo i Patti
consentirono “la formazione di una classe dirigente cattolica pronta a guidare la
Stato dopo la tragedia della guerra”. Avvenire parla, dunque, di relazioni “divenute
un esempio per l’Europa, perché fondate sul reciproco rispetto della sovranità di
Stato e Chiesa e del carattere pubblico della religione”. Gli esiti scaturiti dall’amicizia
tra Italia e Santa Sede ancora oggi sono serviti ad evitare derive relativiste e individualiste
– conclude l’editoriale – “che in altri Paesi hanno prodotto danni e guasti sui quali
si torna a ragionare”. (M.G.)