2012-02-11 14:49:20

Al via la 62.ma edizione del Cinema di Berlino


Giunta alla sua 62.ma edizione, la Berlinale assume un’aria sempre più globalizzata e bulimica, presentando nelle sue decine di sale centinaia di film suddivisi in sezioni che si accavallano senza sosta. Come in una sorta di partenogenesi, da una costola di ogni sezione ne nasce un’altra. Così, alla Competizione Internazionale si affianca “Berlinale Special”, a “Panorama” la sezione “Panorama Documentario”, al “Forum” il “Forum Expanded”, al “Giovane Cinema Tedesco” le sezioni “Generazione 14 e 14 plus”. E poi il “Cinema Culinario”, i cortometraggi, le retrospettive, il “Talent Campus” ... Insomma, una sorta di grande supermercato della produzione cinematografica mondiale, offerto a una città vivace e affamata di film, ma anche un incubo per chi deve scegliere il suo percorso cercando i titoli più interessanti. Se i festival devono essere una selezione del meglio della produzione, qui si è in realtà piuttosto disorientati, non avendo alcuna indicazione delle scelte del festival. Detto questo, bisogna anche dire che i molti temi, le molte storie e i molti sguardi che s’incrociano a Berlino in questa prima giornata di festival, ci danno un segno dei tempi, del cambiamento, di un futuro enigmatico, talvolta immaginato pensando al passato. C’è per esempio la sensazione di una transizione in atto che passa attraverso la rievocazione dei primi momenti della Rivoluzione Francese, visti con gli occhi di una giovane dama di compagnia della regina Maria Antonietta nel film d’inaugurazione, “Les adieux à la Reine” di Benoït Jacquot. Oppure c’è il senso di smarrimento che accompagna il viaggio di un vecchio afroamericano in Senegal alla ricerca delle radici, visto nel film “Aujourd’hui” di Alain Gomis. O ancora il senso irreparabile di una fine del tessuto familiare e sociale che si respira in “A moi seule” di Frédéric Videau, cronaca frammentaria del ritorno alla vita di una ragazza sequestrata quand’era bambina. Però poi tutte queste vicende ricreate e interpretate, anche con bravura, lasciano trasparire la stanchezza della finzione e si finisce per essere affascinati da altre forme di rappresentazione, come quelle documentarie di “Béstiaire” del canadese Denis Côté o di “Hiver nomade” dello svizzero Manuel von Stürler. Il primo s’immerge nel mondo animale di uno zoo, raccontando senza parole la tristezza di una condizione di reclusione e mercificazione. Il secondo ritrova l’arcaicità della transumanza nell’ordinata disposizione del paesaggio svizzero, facendola diventare una moderna avventura. Entrambi, lontani dagli stucchevoli artifici della finzione, ci ricordano che il cinema è innanzitutto una scrittura di immagini, non di parole. (Da Berlino, Luciano Barisone per Radio Vaticana) RealAudioMP3

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 42







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